Occhi aperti? No, chiusi, col pallino dell’antireligione

«La libertà a occhi aperti»: ieri su “Repubblica” (p.1 e 30) titolo di una tirata di Adriano Prosperi, seguita da due pagine (24-25) ove l'”intendenza” – Corrado Zunino e Vladimiro Polchi – raccontava la realtà dell’attuale «scuola di religione». Ciò in seguito alle reazioni alla trovata di un ministro “tecnico” che, nel caso, più alieno di così – alla realtà della politica, della scuola e anche della cultura italiana – non avrebbe potuto mostrarsi. Prosperi cavalca l’indignazione, rievoca obbrobri che secondo lui si stanno realizzando «nelle viscere del Parlamento» solo perché sa che – anche lì, come tra la gente – la maggioranza non la pensa come lui, e sul tema specifico della religione si scatena. Per la storia: professore, lei ricorda, vero, che l’insegnamento di questa disciplina fu introdotto in Italia non dal Concordato del 1929, ma da legge del “laico” (e un po’ anti-clericale) Regno molti anni prima? Non pare, e anche perciò lei spara una serie di invettive – «clerico-fascismo», «cinismo», «immoralità impudente» – contro chi sul tema dissente da lei: linguaggio protervo e violento, da picchiatore in guanti gialli che poco somiglia a quello studioso serio che conosciamo! Troppe cose infatti sembra non sappia, o volutamente dimentichi, per essere scusato. Eppure un dato presente anche nelle due pagine dei suoi colleghi di testata dovrebbero riportarla alla realtà, che dice come circa il 90% delle famiglie e degli studenti scelgano liberamente questa disciplina, e quindi la gradiscano. Certe cose in Italia avvengono “all’insaputa” dei protagonisti. Non questa! Malpelo scrive con conoscenza di causa: in tempi lontani, e per certi aspetti molto più duri di oggi – fine anni 70! – ha insegnato religione e studenti di ieri, ancora oggi ricordano e incontrano il vecchio professore… E allora? Allora niente, salvo una doppia ironia del caso. Il titolo è negato nel pezzo scritto con “cieco” furore: a occhi chiusi! E conclude le due pagine interne una grande scritta pubblicitaria: “Pinko”. Come una firma: Pinko, col pallino dell’antireligione.

a cura di Gianni Gennari / avvenire.it