Nell’attualità: religiose e i religiosi in Italia. Dinanzi a Dio per tutti

Osservatore Romano

I religiosi e le religiose d’Italia, che «sono sempre stati nella storia in prima linea accanto ai sofferenti, specialmente nelle varie epidemie», sono chiamati, «in questo momento delicato della vita» del paese colpito dal coronavirus, a garantire che le loro comunità siano «dinanzi a Dio per tutti», assicurando in particolare che ogni messa celebrata nelle cappelle interne delle comunità «rappresenti il segno della comunione e della fede di tutto il popolo di Dio e con tutta la comunità ecclesiale e civile».
È l’auspicio di suor Yvonne Reungoat, presidente dell’Unione superiore maggiori d’Italia (Usmi), e di padre Luigi Gaetani, presidente della Conferenza italiana dei superiori maggiori (Cism), espresso in un comunicato dove chiedono che tutti i religiosi in Italia «si attengano scrupolosamente a quanto richiesto dai decreti del presidente del Consiglio, dalla Conferenza episcopale italiana e dalle Conferenze episcopali regionali», e di «comunicare immediatamente» diverse disposizioni alle rispettive comunità.
I due responsabili chiedono in particolare la sospensione di «tutte le attività delle nostre Conferenze Cism ed Usmi, a livello nazionale, regionale e diocesano, almeno fino al 3 aprile», di «tutte le attività di animazione delle Province religiose (consigli locali o regionali, esercizi spirituali, corsi di formazione, etc.)», e la limitazione delle «attività didattiche e formative dei nostri seminari e/o case di formazione», attenendosi alle norme generali dei decreti e quelle stabilite dalla Cei. Norme che vanno osservate anche dai rettori dei santuari guidati pastoralmente dai religiosi.
Suor Yvonne Reungoat, superiora generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice, e padre Luigi Gaetani, dell’ordine dei Carmelitani scalzi, ribadiscono poi la necessità che «le consorelle e i confratelli anziani siano preservati, nel limite del possibile, da contatti esterni alla comunità» e che «il personale esterno che lavora nelle nostre strutture/opere adempia scrupolosamente alle indicazioni suggerite dai decreti e sia monitorato dai responsabili delle comunità». Inoltre, i religiosi sacerdoti sono chiamati a celebrare l’Eucaristia nelle cappelle interne della comunità e adoperarsi «perché non manchi nei loro territori, nel limite del possibile, la trasmissione della santa messa e di altri momenti liturgici tramite i mezzi di comunicazione sociale». La comunità religiosa deve anche custodire i momenti di preghiera conventuale «perché il popolo di Dio non venga privato del segno orante della comunità cristiana». Il comunicato termina con un appello a tenere aperte le chiese e che sia garantita la preghiera personale dei fedeli. «Le chiese ufficiate dai religiosi suonino le campane per l’Angelus al mattino, a mezzogiorno e a sera — indicano i responsabili dell’Uism e del Cism — come richiamo comunitario alla preghiera».
L’Osservatore Romano, 17-18 marzo 2020