Nella poesia / Maria, genera ancora il Signore della vita

Sono passati più di cinquant’anni da quando Turoldo scrisse questa preghiera ma nel giorno che celebra anche la giornata mondiale della pace, non c’è ancora continente che non gridi il dolore dei popoli in guerra, in sofferenza, in umiliazione.

Aprire l’anno nel segno della maternità significa aprirlo nel segno della vita: è dal grembo di una ragazza di Nazareth che nasce il Salvatore, ed è dal grembo di una donna che ogni uomo vede la luce.

Chiamare Maria “Madre di Dio” manda in frantumi la ragione, e al tempo stesso consola il cuore: anche Dio ha una madre. Anche il Dio incarnato, che nulla ha evitato dell’umano a eccezione del peccato, ha scelto un grembo da cui nascere, un seno da cui essere allattato, un abbraccio da cui essere accudito, un cuore di donna da cui essere amato: «Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore». Forse, in quel meditare, oltre lo straordinario del Bambino vi è anche una quotidianità materna custodita dalla Madre, come ogni donna nei confronti del figlio.

Parole grandi di dolcezza e affetto sono riservate da padre Turoldo alla Vergine: egli, poeta e frate servo di Maria, sceglie come specifico della sua vocazione religiosa il mettersi alla sequela del Figlio attraverso la Madre.

Tra le tante sue poesie mariane, mi piace ricordare Anche Dio sarà triste, un testo che padre David scrisse ad imitazione e al tempo stesso rilettura del Rorate coeli, l’inno gregoriano pregato durante l’Ufficio di Maria. Della lunga riscrittura, l’Antifona emerge come una perla:

 

Antifona

 

Vergine o natura sacra,

piena di bellezza

tu sei l’isola della speranza.

 

L’appellativo finale, «isola della speranza», è tra i più belli che la tradizione liturgica e letteraria tramandi: Maria è la donna della speranza, perché è colei che ha sperato, ma è anche l’approdo dell’uomo in cerca di fiducia dai flutti della vita. È il porto materno a cui ogni uomo può giungere, per gustare l’accoglienza di una madre.

I versi di Turoldo continuano con un invito alla Vergine, affinchè ritorni a «partorire subito»:

 

Rorate Coeli

 

Vergine Madre della grazia

stendi ancora il tuo velo

ai campi devastati;

sola terra intatta

ritorna a partorire subito

e sempre, in mezzo al grano

al limite dissacrato delle selve..

 

Vergine, o festa di nozze,

grembo carico del Dio

gridato dalle pietre e pianto

dalla fonte al costato della montagna

sotto la violata luna,

vieni e partorisci lì nella tana

del serpe dal ventre gonfio.

 

Vergine, che fasci il globo

con bende di luce, nuvola

di fuoco nel cielo diaccio,

o di ristoro e profumo all’arsura

gialla dell’estate, ritorna

e partorisci subito e ovunque

il Signore della vita.

 

Tre volte si leva l’invocazione alla Madre, affinché nuovamente generi il Salvatore, che dia luce a un mondo di devastazione, descritto tessendo immagini bibliche e avendo in filigrana le tragedie del Novecento.

Sono passati più di cinquant’anni da quando Turoldo scrisse questa preghiera, e purtroppo non mancano ancora oggi «campi devastati»: nel giorno che celebra anche la giornata mondiale della pace, non c’è continente che non gridi il dolore dei popoli in guerra, in sofferenza, in umiliazione. Apriamo l’anno chiedendo a Maria che nuovamente nasca il Bambino Salvatore nelle coscienze degli uomini e vinca il dolore innocente, che nuovamente schiacci il «serpe dal ventre gonfio», che nuovamente «fasci il globo / con bende di luce».

Facciamo nostra l’invocazione di Turoldo alla Vergine: «Partorisci subito e ovunque / il Signore della vita».

Nell’augurio che sia un anno di luce rinnovata.