Nella musica pop il perdono di Tiziano Ferro

«Grazie a chi sa sempre perdonare sulla porta alla mia età (…) perché Dio mi ha suggerito che ti ho perdonato, e ciò che dice Lui va ascoltato… di notte… alla mia età»

Rembrandt

Rembrandt, Il ritorno del figlio prodigo, 1668

In quel tempo si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo (Lc 15,1): “Ho sempre avuto un rapporto molto profondo col sacro e con la religione … Mi piace cercare la chiesa più vicina, in qualunque città io sia. Lo faccio quando ne sento il bisogno: quando non c’è nessuno e se devo ringraziare Dio – ha rivelato Tiziano Ferro nel suo libro-diario “Trent’anni e una chiacchierata con papà” (2010) insieme, soprattutto, ad un segreto nascosto in sé per molto tempo.

Ma i farisei e gli scribi mormoravano dicendo: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro” (Lc 15,2) – come sembra aver insinuato anche don Giuliano Marra della comunità ‘Nuovi orizzonti’ individuando nel brano Indietrodel cantautore di Latina una frase che ascoltata al contrario inneggerebbe a Satana.

Tiziano Ferro satanista? Sembra decisamente inverosimile se consideriamo che sin dalla prima canzone dell’album di esordio, proprio riguardo “le cose che non dici, quelle che la notte, un po’ te ne vergogni, nascoste ma le fai, e ne (…) porti le cicatrici”, il nostro cantautore ha esortato sé e gli altri ad un senso del tutto cristiano: “provi col vangelo ad asciugare le tue colpe che neanche il fazzoletto che usi sempre assorbirà più” e “riavvolgi il tuo Dio dell’amore, per cui tu continui a pregare nel buio più angusto e più stretto di ciò che non hai mai detto”.

Certo, come il più giovane dei due figli disse al padre: – Dammi la parte di patrimonio che mi spetta! – partendo poi per un paese lontano (Lc 15,11-13), così Tiziano ha riconosciuto che “fu l’errore iniziale quello di volere tutto, tutto … Ho sbagliato troppe cose, strade, sono entrato in poche chiese, e domani partirò, anche se non vuoi (e) ritorno quando ho voglia” (La tua vita non passerà). Ed ancora, come il primo sperperò tutto il patrimonio vivendo da dissoluto e presto ritrovandosi bisognoso ed affamato in un porcile di vita (Lc 15,13-16), così Tiziano, soprattutto agli inizi della sua carriera, non ha mai nascosto quanto “la voglia scalpitava, strillava, tuonava, cantava” (Rosso relativo), quanto “il sesso è un’attitudine, come l’arte in genere” (Imbranato), quanto, addirittura, ciascuno di noi possa essere perverso.

Forse per la difficoltà di volersi bene, di perdonarsi, propria di “chi continua a farsi male non amandosi abbastanza, come te, ma forse come me” (Per un po’ sparirò). Forse, per le violenze verbali subite da giovane quando era vittima dello scherno dei coetanei a causa dei suoi centoundici chili figli di una pur diffusa bulimiamaschile – una delle tante diversità che nelle scuole superiori vengono colpite da una violenza psicologica difficilmente immaginabile se non si frequentano più quei corridoi…

Nonostante ciò, il cantautore di Latina, aprendo gli occhi come se non di più rispetto al figlio dissoluto del vangelo (ancora troppo strategico nel suo ritorno legato a meri bisogni materiali – Lc 15,17-19), è riuscito a cantare: “Perdono… sì, quel che è fatto è fatto, io però chiedo scusa… Regalami un sorriso io ti porgo una rosa… Su questa amicizia nuova pace si posa… Perché so come sono infatti chiedo perdono… Ripenso a quando ho fatto io del male e di persone ce ne sono tante, buoni pretesti sempre troppo pochi tra desideri, labirinti e fuochi, comincio un nuovo anno io chiedendoti perdono”.

D’altra parte – riconosce Tiziano – la difficoltà di un gesto del genere è tale che non si può non invocare nel finale del brano: “capitano abbatti le mura che da solo non ce la farò”! Ma grazie al tanto vituperato Dio monoteista sappiamo ormai che da qualche parte c’è sempre una figura paterna compassionevole e misericordiosa che sin dall’inizio sta aspettando il figlio affidatogli (Lc 15,20): “nella lontananza perdonandoti ti imploro … è solo che quando non ritorni ed è già tardi e fuori è buio non c’è una soluzione, questa casa sa di te, e ascolterò i tuoi passi e ad ogni passo starò meglio”. Ed allora questo figlio, una volta visto, raggiunto, abbracciato e baciato da lui (Lc 15,20), potrà gridare con le parole di Tiziano: “grazie a chi sa sempre perdonare sulla porta alla mia età”, in quanto “è perché Dio mi ha suggerito che ti ho perdonato, e ciò che dice Lui va ascoltato… di notte… alla mia età”.
Ecco perché il giubilare prorompente dal perdono vissuto, offerto o ricevuto: come il padre organizza per il figlio perduto ma ritrovato sano e salvo, morto e poi risorto, una festa piena di musica e balli, di allegria e cibo (Lc 15,22-24), così Tiziano lega questo evento del perdono, in quanto rinascita – nuova nascita, al Natale, cantando “questa gioia che mi stringe il cuore” come di “un misto tra incanto e dolore (…) tregua e rivoluzione” – una “magia”.

E’ una magia interrotta, però, una festa dal finale tragico. Resta, insoluto, il problema del fratello maggiore, quello obbediente ma incapace di godersi i propri beni (Lc 15,25-30). Resta fuori della festa, inoltre, il padrone della festa, il padre (Lc 15,28.31-32). Come si può dunque ancora gioire in essa? Come possono continuare a festeggiare il fratello minore e gli altri domestici?

Anche in tal caso Tiziano Ferro sembra aver sciolto nella sua esistenza il nodo conclusivo della parabola evangelica, incarnando un fratello maggiore che finalmente ha compreso ed in compagnia del padre è rientrato a casa: “Mio fratello ha dubbi sulla sua felicità … Mio fratello mi guarda da lontano e capisco (…) che non sia tanto strano … Mio fratello (…) sorrideva, ma io lo so che stava male … Mio fratello ha avuto paura, ma qual è la cura, la cura qual è? … Lo so io qual è … Ricordi che fanno coraggio… Mio fratello sta lontano e gli manco, ma poi ritorna e (…) ricorda che con il ritorno inizia un altro viaggio”.
Un altro viaggio? Sì, il lungo e difficile percorso di accoglienza della propria omosessualità. Quel “segreto” cui si accennava all’inizio, fotografato da Tiziano nella canzone L’amore è un cosa semplice: “ognuno ne ha sempre uno dentro, ognuno lo ha scelto o l’ha spento, ognuno volendo e soffrendo; e nutro un dubbio: non sarà mai mai mai inutile ascoltarne l’eco, consultarlo in segreto”. Soprattutto quando ci sono un papà naturale e un padre artistico misericordiosi e compassionevoli, formatisi alla scuola di quel cristianesimo di cui Tiziano Ferro con gioia scrive: “amo la mia religione fondata sull’amore. Il cristianesimo si basa sullo scambio di perdono e misericordia. Io credo in Dio e nel perdono, nella misericordia e nell’amore reciproco”.

fonte: vinonuovo.it