Nella concezione “padronale” che abbiamo spesso della verità, forse noi cattolici abbiamo dimenticato che tante volte il Vangelo è stato incarnato più fedelmente dagli “altri”…

E se avessero ragione loro? In concomitanza con la Settimana per l’unità dei cristiani e (anche) in seguito al dibattito sulla possibilità che la Chiesa cattolica apra ai sacerdoti sposati – alla “maniera protestante”, si potrebbe dire – questa è la riflessione ecumenica che mi frulla in testa.

I fratelli delle Chiese riformate fin dalle origini hanno permesso ai loro pastori il matrimonio e, se oggi anche Roma accedesse alla medesima modalità (sia pure in casi specifici e circostanziati: ma per quanto?), qualcuno potrebbe ritenere appunto che «avevano ragione loro» – anzi, il mondo tradizionalista già lo dice, addebitando all’attuale papato un cedimento all’eresia.

Ma quanti sono, del resto, i punti sui quali le Chiese evangeliche hanno insegnato qualcosa ai cattolici, hanno conservato meglio di noi un contenuto prezioso della comune fede cristiana, in una parola «hanno avuto ragione»? Enumeriamo solo per sommi capi: la posizione attribuita alla parola di Dio, i metodi scientifici applicati agli studi sacri, il ruolo dei laici e delle donne, l’enfasi sulla coscienza personale, un più concreto richiamo all’azione dello Spirito, la relativizzazione di certe devozioni e culti, eccetera.

Non si vuol sostenere qui che tali elementi siano stati del tutto assenti nella prassi cattolica, ma che indubbiamente la loro accentuazione tra i cosiddetti “protestanti” è stata più forte e dunque anche la Chiesa romana ha potuto nel tempo giovarsi della riflessione e delle prassi riformate per correggere e migliorare i propri atteggiamenti in merito. Mi pare del resto che questa idea venga corroborata da alcune considerazioni di carattere generale che vorrei enumerare in modo quasi didascalico.

1)    Il Concilio ha adottato l’antica (patristica) dottrina dei “semina Verbi” che sono sparsi in tutte le culture, e dunque tanto più tra i fratelli nella fede cristiana. Niente di strano perciò che sussista una fruttuosa contaminazione reciproca tra le confessioni religiose

2)    In una visione provvidenziale o persino mistica della storia, si potrebbe interpretare la sussistenza delle varie religioni (e quindi, di nuovo, delle diverse confessioni cristiane) come uno strumento per aiutare i credenti e le Chiese stesse a cogliere le inesauribili sfaccettature del divino, nella logica di un mutuo completamento. Le diverse accentuazioni degli uni arricchiscono anche gli altri; se non ci fossero, anche i cattolici sarebbero più poveri.

3)    Nell’accezione perfettamente cattolica dell’«et et» non si può affatto escludere la compartecipazione dei cosiddetti «fratelli separati» alla determinazione della verità cristiana, anzi la si deve inserire nella concezione “sinfonica” e non esclusivista di quest’ultima. Nessuna Chiesa da sola incarna quaggiù la pienezza del Vangelo.

4)    Storicamente parlando, esistono numerosissime esperienze e scelte esemplari nelle altre confessioni cristiane: non si vede perché la Chiesa cattolica non debba riconoscerne la grandezza anche per imparare e migliorare se stessa.

5)    L’obbedienza all’unico Vangelo ci costituisce fratelli senza indebite superiorità, o eccezioni di primogenitura. Ma – se ciò è vero – non è allora corretto attribuirsi a priori la totalità del bene e del giusto e magari addebitare solo agli altri le deficienze: di prassi e di dottrina.

Insomma, anche dal punto di vista del metodo risulta perfettamente cattolico non solo ascoltare le ragioni degli altri, ma anche ammettere dove e quando gli altri hanno avuto e hanno ragione. La Chiesa, le Chiese crescono anche così.

vinonuovo