Nella Chiesa non ci devono essere differenze di idee, contrasti, a volte lotte condotte persino con mezzi scorretti e colpi sotto la cintura. Ma perché? Sarebbe molto più semplice accettare la diversità, anche quando fa male

di Roberto Beretta | vinonuovo.it

Non sono d’accordo che, se il celibato dei preti debba essere superato, sia soltanto per l’Amazzonia, e soltanto per ragioni pratiche: la carenza di vocazioni. C’è tutta una parte della Chiesa (cfr cardinale Sarah) che accampa ragioni teologiche e spirituali profonde per sostenere che il celibato è essenziale al sacerdozio (come faccia a sostenerlo con tante eccezioni già operanti – ex anglicani, orientali cattolici, ex ortodossi, preti ex clandestini dell’Est, eccetera – non lo so, ma è affar suo); credo che – se si decide di cambiare prassi – si debba avere il coraggio di affrontare la questione per le corna e smentire che le motivazioni teologiche del celibato siano davvero essenziali per il clero tutto, mentre il loro valore reale deve essere riservato a chi desidera abbracciarle liberamente (cfr. religiosi). Cominciare ad erodere la secolare norma a colpi di «eccezioni» non mi pare degno e onesto, e non solo perché ci sono un sacco di altri luoghi dove la carenza di vocazioni reclamerebbe la medesima soluzione, ma perché puzza lontano un miglio di escamotage clericale; meglio, molto meglio, parlare chiaro e agire di conseguenza. (Tra l’altro: e se un giorno in Amazzonia avessimo esubero di preti, torneremmo forse al celibato?!?)

Non sono d’accordo e non mi piace, pur concedendogli l’attenuante dello «sfogo» (definizione sua), l’uscita del cardinale Gualtiero Bassetti sulle critiche «distruttive» al papa. Tra virgolette (dal “Corriere della Sera”): «A qualcuno io ho detto: “Fai la tua scelta di evangelico, se non ti va bene la Chiesa cattolica, se è troppo stretta questa barca”. I nostri fratelli protestanti non hanno né il papa né il vescovo, ognuno faccia le sue scelte». E che? Non si può essere in disaccordo o magari anche criticare il papa?!? Questo papa, poi: che ha ammesso più volte di sbagliare e di voler accettare le osservazioni, purché non fatte dietro le spalle; che ha detto di non temere lo scisma, figurarsi i pareri contrari; che ha esortato più volte alla “parresia” tra fratelli di fede. Invitare ad andarsene dalla Chiesa, per più rivolgendosi implicitamente ma in primis a confratelli vescovi e cardinali che espongono le loro discutibilissime idee in libri e interviste mettendoci comunque la faccia, è – secondo me – richiedere un unanimismo ancora una volta molto clericale. E in fondo compiere un’operazione parallela, solo di segno opposto, a chi dà dell’«eretico» a Francesco.

Non sono d’accordo però nemmeno con le tesi eccessivamente «concordiste», i presunti apologeti per i quali nella Chiesa non cambia mai nulla e dunque c’è perfetta continuità e nessun contrasto di vedute tra i due papi attualmente viventi; anche questo atteggiamento non è onesto, né per l’intelligenza dell’uno né per quella dell’altro – e neppure per quella dei credenti. Così come è clericale, oltre che ingenuo, pensare che all’interno della struttura ecclesiastica non agiscano lobby in tonaca, correnti di potere e manovre sporche: senza voler essere complottisti a tutti i costi, bisogna però ammettere le differenze, i contrasti, le spaccature e a volte anche le lotte che purtroppo usano strumenti disonesti e subbdoli.

Insomma, non sono d’accordo con una Chiesa che non si presenti «umana»: sia quando deve confessare i suoi difetti, sia allorché si tratta semplicemente di presentarsi al mondo. Anche perché, se così non si fa, non si diventa «divini» bensì «disumani».