Nella cattedrale di Erevan per invocare la pace

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I profughi costretti ad abbandonare il Nagorno-Karabakh si radunano nella chiesa di San Gregorio Illuminatore

07 ottobre 2020

Non si fermano i combattimenti tra truppe armene e azere nel Nagorno-Karabakh. A pagare il prezzo più alto sono migliaia di profughi costretti ad abbandonare le proprie case per fuggire alle violenze. Molti di loro — come ha documentato la stampa internazionale — sono giunti nelle ultime ore a Erevan, capitale dell’Armenia. Gruppi di profughi si sono radunati ieri presso la cattedrale di San Gregorio Illuminatore, uno dei principali luoghi di culto del Paese. Nella cattedrale sono state innalzate  preghiere per chiedere la fine dei combattimenti nella regione contesa  e per raggiungere una pace giusta. Da qui partono molti aiuti da inviare alla popolazione del Nagorno-Karabakh: cibo, vestiti e farmaci da distribuire nelle città bombardate e nelle altre zone interessate dagli scontri armati.

Come detto, i combattimenti non conoscono tregua. Nuovi bombardamenti hanno scosso ieri Stepanakert, la principale città del Nagorno-Karabakh: le sirene di allarme hanno suonato intorno alle 9.30 del mattino in città, poco prima che le esplosioni si moltiplicassero. Le autorità azere hanno dichiarato di aver adottato «misure di ritorsione» per colpire i ribelli. Secondo fonti locali, le forze azere hanno «attaccato la sede della rete elettrica». Nel centro della città i danni sono stati limitati.

La Russia, intanto, torna a chiedere un immediato cessate il fuoco. «La situazione si sta deteriorando, la gente continua ad essere uccisa e questo è inaccettabile» ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Peskov, citato dai media russi, ha spiegato che Mosca in questa fase è «molto attiva dal punto di vista diplomatico» sottolineando che «la Russia è uno dei Paesi che può mediare per la soluzione di questo conflitto». Rimaniamo «estremamente preoccupati per quello che sta succedendo» ha aggiunto. «Crediamo che le parti debbano cessare il fuoco e sedersi al tavolo dei negoziati».

Sulla crisi è intervenuta ieri anche la Corte europea dei diritti umani. «Tutti gli Stati, compresa la Turchia, implicati direttamente o meno nel conflitto in Nagorno-Karabakh devono astenersi da tutte le azioni che possano contribuire alla violazione dei diritti dei civili e rispettare gli obblighi imposti dalla convenzione europea dei diritti umani» si legge in un comunicato. Anche Parigi e Berlino avevano espresso nei giorni scorsi  preoccupazione per l’escalation di violenze nell’area.

Il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha definito «prematura» l’ipotesi di negoziati con l’Azerbaigian  da intraprendere con la mediazione della Russia.  «È inopportuno parlare di un vertice   mentre sono in corso intensi combattimenti» ha detto il premier.

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