Messale: la montagna e il topolino

di: Giuseppe Lorizio

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Il famoso detto si può ben applicare alla nuova edizione del messale per la liturgia del rito latino in lingua italiana, presentata non senza una certa enfasi solo su qualche media.

A parte l’operazione economica che costringerà parrocchie e comunità all’acquisto, visto che non si può utilizzare l’edizione digitale, a meno che non si decida di regalarne copia a tutte le assemblee celebranti, mi preme sottolineare due equivoci messi in campo per supportarne la vendita.

Il primo riguarda la metafora dello “spartito”, che non sarebbe da ignorare o escludere. Infatti si tratta proprio di uno spartito che rende plausibile l’interpretazione affidata a chi presiede, il quale svolge solo il ruolo ministeriale di un direttore d’orchestra, chiamato ad avere un occhio sulla Parola di Dio l’altro sulla comunità. E ciò non solo nella predicazione, per la quale sarà sempre bene avere in una mano la Bibbia e nell’altra il giornale onde non esibire stucchevoli racconti di esperienze autoreferenziali, ma in tutta la celebrazione.

In secondo luogo c’è chi ritiene che si tratti di un’“attualizzazione” del linguaggio liturgico, rispetto soprattutto alle celebrazioni per le diverse occasioni o necessità del popolo di Dio. Non so fra quanto tempo avremo un altro nuovo messale, ma in un contesto in cui la realtà soggiace a cambiamenti anche epocali rapidissimi, avremmo bisogno di maggior sobrietà prima di esporci al ridicolo. Chissà chi, tranne qualche funzionario condiscendente, sarebbe del parere che dire “rugiada dello Spirito” piuttosto che “effusone” è attualizzante o non piuttosto un malinconico ricordo di epoche in cui la natura era ancora incorrotta.

Volendo riproporre la filosofia del culto di Pavel Florenskij possiamo concludere dicendo che la frattura fra culto e cultura rimane e si acuisce sempre più grazie a queste operazioni da tavolino ecclesiastico. E poiché non è il culto operazione  culturale o accademica – come insegna il Leonardo russo -, ma lavoro dello Spirito e, in quanto tale, fonte generante di cultura, dobbiamo arrenderci e usare anche questo prodotto senza enfatizzarne il senso.

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