Memoria liturgica di santa Lucia lampada per i nostri giorni

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C’è sempre bisogno di luce. Fin dal libro della Genesi, il cammino di ogni cristiano è verso la luce. «Fiat lux»: è, in fondo, il desiderio di ogni uomo di oggi, di fronte alla pandemia che stiamo vivendo. Una “notte oscura” che avrà pure una fine. La luce riesce sempre a darci una visione più chiara, più calda: la luce — lo sappiamo bene — è anche fonte di calore. Questo riscalda, riempie, riesce a infondere tenerezza. I concetti di luce e calore non possono essere scissi: c’è bisogno di tenerezza, infatti. Direbbe Brecht: «è necessaria». E, se pensiamo alla luce, non possiamo non pensare a lei, santa Lucia. Già l’iconografia ci aiuta, ci accompagna in questo viaggio che si intreccia con i raggi splendenti della Risurrezione di Cristo.

Una lampada. La tiene in mano, in molte immagini. È lampada accesa per incontrare lo Sposo. E, allora, ricorrono alla memoria le parole del Vangelo di Matteo, al capitolo 25: è il famoso capitolo delle Vergine stolte e di quelle sagge. «“Ecco lo Sposo, andategli incontro!”. Allora tutte quelle vergini si svegliarono e prepararono le loro lampade». Lucia, seguendo il martirio per Cristo, incontra lo Sposo e come il Cantico dei Cantici viene trascinata nelle «stanze del re», per gioire e rallegrarsi.

«Sono la serva del Dio eterno, il quale ha detto: quando sarete trascinati dai giudici, non preoccupatevi di cosa dire, perché non sarete voi a parlare, ma parlerà in voi lo Spirito Santo». È Lucia davanti ai giudici a dire ciò. Immaginiamo la santa e suoi aguzzini di fronte: è il processo che sostenne davanti il prefetto Pascasio. La santa rifiutò l’ordine di sacrificare agli dei pagani, la sua fede. È la fierezza del martirio, come testimonianza di Dio. Nel proclamarsi cristiana, citando i passi delle Scritture, Lucia dichiarò con decisione: «Il corpo si contamina solo se l’anima acconsente». E la sua anima aveva deciso di respingere l’uomo che l’aveva pretesa come sposa. Rimasta miracolosamente illesa dagli estremi supplizi, profetizzò — tra l’altro — l’imminente fine delle persecuzioni di Diocleziano e la pace per la Chiesa.

Ma c’è anche un’altra immagine legata alla santa. La tradizione popolare lo esige. Ci presenta la santa con degli occhi posti su un piattino. Gli occhi: lo sguardo, dunque. E, allora, questa effigie non dovrebbe forse farci riflettere sul nostro modo di guardare il mondo? La visione della fede è fondamentale per poter affrontare, quotidianamente, il nostro tempo presente. Quegli occhi ci offrono, dunque, lo spunto per aiutarci a comprendere che il cammino della santità è anche legato alla sguardo. Hikmet nella sua I tuoi occhi scriveva: «I tuoi occhi, i tuoi occhi, i tuoi occhi / che tu venga all’ospedale o in prigione / nei tuoi occhi porti sempre il sole. / (…) I tuoi occhi, i tuoi occhi, i tuoi occhi, (…) sono così, le spighe, di primo mattino». È il mattino di ogni cristiano, dopo la notte oscura. È il mattino di eterna Risurrezione, fatta di spighe e di grano, al sole del mattino. Con la luce della fede.

di Antonio Tarallo / Osservatore Romano