Mancano medici e infermieri. «A metà novembre si rischia il blocco delle rianimazioni»

Si calcola una carenza del 30-40% degli addetti. I 4 miliardi stanziati dal governo serviranno per assunzioni a termine, ma nel 2021. Zampa: «Possiamo evitare una situazione “sotto pressione”
«A metà novembre si rischia il blocco delle rianimazioni»

Ansa

Avvenire

È allarme medici e infermieri. Nelle piante organiche degli ospedali e nei servizi sanitari sul territorio ne mancano circa il 30-40%. Con l’emergenza causata dalla pandemia, il sistema rischia il default. Nella manovra finanziaria approntata dal governo Conte sono previsti quattro miliardi che nel 2021 serviranno ad assumere, seppure a tempo determinato, 30mila tra camici bianchi e operatori della sanità. Ma nel frattempo, cosa succederà? La previsione degli addetti ai lavori non fa stare tranquilli. «A metà novembre in diversi ospedali, soprattutto del Centro-Sud le terapie intensive potrebbero andare in saturazione e potrà essere necessario richiamare i rianimatori da altri reparti e non vorremmo arrivare a chiudere o penalizzare le altre attività assistenziali» denuncia Flavia Petrini, presidente della Società italiana di anestesia rianimazione e terapia intensiva e membro del Cts. «In questo momento le terapie intensive non hanno problemi di spazi e capienza – rassicura però la sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa – e vorrei dire che siamo in condizione di non arrivare a una situazione sotto pressione».

I posti disponbili nelle rianimazioni sono 6.700 e quelli approntabili in caso di necessità arriverebbero, come annunciato dal viceministro Sileri, a 4.400. Ma il problema dei medici specializzati esiste. Ne servirebbe uno ogni 6-8 letti, mentre di infermieri competenti ce ne vorrebbero uno ogni due pazienti. «Siamo stati costretti ad arruolare gli specializzandi del quinto e del quarto anno – dice Petrini – e questa non è certo una situazione ideale». Come fare, allora? «Sbloccare subito il concorso, avviando la formazione di nuovi specialisti e utilizzare nei reparti di anestesia-rianimazione tutti gli anestesisti presenti nel Ssn. E, se non basta, allargare la possibilità per gli specializzandi di essere impiegati già dal terzo anno di corso, anziché, come avviene ora, dal quarto»: è il pacchetto di misure straordinarie proposto dal presidente della Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo), Filippo Anelli.

«Quest’anno sono 1.649 i posti per le scuole di specializzazione in anestesia-rianimazione, erano 962 nel 2019 – spiega Anelli – e sono più di 600 gli specializzandi del terzo anno, medici che potrebbero essere utilmente impiegati nei reparti, ovviamente sotto la supervisione di specialisti “tutor”». «Mancano ancora 6mila fra medici e dirigenti – commenta il segretario nazionale Anaao-Assomed, Carlo Palermo – ed è apprezzabile la destinazione al personale di circa il 60% della spesa per la sanità, con incrementi retributivi e assunzioni, ma queste non possono essere limitate a una semplice proroga dei contratti di varia tipologia attivati a marzo, peraltro insufficienti. Occorre avviare procedure semplificate per nuove assunzioni, contrattualizzate, sia pure a tempo determinato, attingendo, in mancanza di specialisti, al bacino dei medici specializzandi degli ultimi due anni. Non possiamo perdere questa occasione – conclude Palermo –per rinforzare la trincea negli ospedali » Alessandro Vergallo, presidente dell’Associazione anestesisti- rianimatori ospedalieri italiani (Aaroi-Emac) mette l’accento anche sulla spesa farmaceutica, che sembra essere stata trascurata. Francesco Esposito, segretario della Federazione italiana sindacale medici uniti-Fismu si rivolge al ministro Speranza.

«Andiamo verso una situazione di caos sanitario – sottolinea – perché oltre al Covid ora bisogna contrastare anche l’influenza: chiediamo l’assunzione di 10mila camici bianchi precari per riattivare la medicina dei servizi, cioè per la prevenzione, le scuole, le campagne di vaccinazioni, la gestione dei tamponi e dei test rapidi». Ma le carenze del sistema sanitario riguardano anche l’informatizzazione delle cartelle cliniche, utile ad accorciare i tempi delle prestazioni eliminando una una buona dose di burocrazia, e gli autisti-soccorritori del “118”, anch’essi soggetti a rischio contagio. L’appello, in quest’ultima direzione arriva da Mario Balzanelli, presidente della Società Italiana Sistema 118 (Sis 118): «Abbiamo bisogno che le centrali del 118 vengano rinforzate, serve personale infermieristico che risponda alle chiamate degli utenti fornendo le indicazioni richieste, e servono anche più ambulanze».