L’omelia di monsignor Massimo Camisasca nella solenne Veglia Pasquale

La sera di sabato 19 aprile monsignor Massimo Camisasca ha presieduto la solenne Veglia Pasquale durante la quale è stato dato il primo annuncio della Risurrezione di Cristo. Durante la Notte Santa il Vescovo ha poi conferito i sacramenti dell’Iniziazione cristiana a 32 catecumeni, a 6 cresimandi e a 2 piccole battezzande. Di seguito pubblichiamo il testo integrale dell’omelia:

Cattedrale di Reggio Emilia, 19 aprile 2014

Cari fratelli e sorelle,

il buio e il silenzio di questa notte sono attraversati dalle parole luminose dell’angelo alle donne che si recano al sepolcro per onorare il corpo morto di Gesù: non abbiate paura! So che cercate Gesù, il crocifisso. Non è qui. È risorto!

Anche noi, come le donne, cerchiamo Gesù. Lo hanno cercato i giovani e le giovani che durante questa notte riceveranno il sacramento del battesimo, della cresima e dell’eucarestia. Non si sono arresi al buio della sua assenza. Lo cerchiamo anche noi, perché ciò che egli ha iniziato in noi possa continuare e diventare sempre più grande.

L’angelo ci dice: Non è qui. È risorto! Che cosa significano queste parole per noi?

Per comprenderle occorre prestare attenzione a tutta la liturgia di questa notte, una liturgia particolarmente ricca di parole e di segni. È la più antica nella Chiesa: nata nella sinagoga, si è poi sviluppata lentamente fino ad assumere, nel VII secolo, la forma attuale.

In questa liturgia siamo accompagnati innanzitutto da una “pedagogia delle parole”, che ci aiuta ad entrare nell’unità della storia della salvezza, e quindi anche della nostra storia personale, forse apparentemente frammentata e contraddittoria. Ma, oltre che con le parole, la Chiesa ci educa questa sera soprattutto attraverso una “pedagogia dei segni”.

Su uno di essi vorrei ora soffermarmi assieme a voi: la luce.

All’inizio di questa celebrazione la nostra cattedrale era al buio. Con questo buio la Chiesa ci invitava a prendere coscienza della nostra condizione, delle tenebre del peccato e della morte. Con tutti i suoi sforzi l’uomo non può uscire da questa condizione. Solo Dio può strapparci dal buio. È ciò che è accaduto questa notte: la resurrezione di Gesù è la luce vera. All’inizio della creazione del mondo Dio ha fatto la luce. Essa era un’anticipazione della luce di Pasqua ed era, nello stesso tempo, un riflesso del volto del Figlio. Era come l’albore della luce piena che si sarebbe dispiegata nella mattina della resurrezione.

Nella liturgia del fuoco, con cui si è aperta la nostra celebrazione, abbiamo visto tutto ciò simboleggiato nel fuoco nuovo. All’inizio una luce sola, una sola fiammella, Lumen Christi: è la luce che può nascere soltanto da Dio, che non è opera dell’uomo, che non scaturisce da nostre illuminazioni o da nostri pensieri.

Ma essa non bastava ad illuminare la nostra Cattedrale. Aveva bisogno di essere partecipata. Così, a poco a poco, si sono accese anche le nostre candele e, infine, le luci del tempio. Cristo ha riempito della sua luminosità, del suo calore, dei suoi colori tutta quanta la realtà della nostra assemblea.

Iniziamo dunque a comprendere, in questa pedagogia della luce, una cosa importante, che ci introduce nel significato profondo delle parole dell’angelo alle donne: la luce di Cristo ha bisogno di essere partecipata per essere veramente ricevuta, goduta e amata. È Gesù stesso a rivelarlo alle donne, ancora scosse dall’annuncio dell’angelo: Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno».

Gesù ci precede sempre e ci invita ad annunciarlo a tutti. Non si può godere di lui se non comunicandolo agli altri. Come la luce si è trasmessa dal cero pasquale alle nostre candele, così l’annuncio di Cristo, presente e vivo, vuole raggiungere, attraverso di noi, tutti quanti gli uomini e le donne della nostra diocesi e del mondo intero. Dalla Pasqua sgorga la missione della Chiesa: annunciare a tutti chenella vita, morte e resurrezione di Gesù, le nostre esistenze trovano finalmente il loro modello, la loro forza e il loro significato.

L’itinerario che abbiamo percorso spiega anche ciò che tra poco i nostri catecumeni vivranno. Il battesimo è come la luce del cero pasquale: un dono gratuito, nel quale tutta la loro vita, così come anche la nostra, verrà rinnovata. Ma da solo non basta perché si possa godere dei suoi frutti. Occorre alimentare continuamente quella fiamma attraverso la preghiera e soprattutto attraverso i sacramenti della Penitenza e dell’Eucarestia. La comunione con il Corpo di Cristo, nella Chiesa, rende vivo in noi il dono del battesimo e ci spinge a comunicare ad altri la fede che abbiamo ricevuto, così come abbiamo trasmesso di candela in candela la luce del cero pasquale.

Gesù donerà lo Spirito Santo ai suoi discepoli perché possano rendergli testimonianza. Invochiamolo questa sera su tutti noi, in particolare sui nostri catecumeni. Rinnovati nel sacramento della Cresima dalla potenza dello Spirito, accendano nella nostra terra tanti nuovi fuochi che illuminino e scaldino tutte le persone che incontreranno.

È questo il mio augurio a loro e ad ognuno di voi.

Buona Pasqua!

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