L’odissea degli ultimi Strage di donne nella notte di Natale Naufragi e sbarchi in Sicilia e Calabria

NELLO SCAVO / Avvenire

Perire con un figlio in grembo alla vigilia della Natività, facendo salire a 1.111 il bilancio dei morti nel 2020. Neanche con il mare d’inverno le traversate si fermano. E con esse le stragi. Mentre altri cento ieri si sono arenati su una spiaggia di Lampedusa, a Cala Madonna. Nelle stesse ore un’intera famiglia è approdata dall’Egeo in Calabria.

C’era stata la strage di Pasquetta a Malta e c’è stata quella della notte di Natale. È successo al largo della Tunisia: 20 morti di cui 19 donne, 4 incinte. Una ventina di superstiti sono stati soccorsi dalla Guardia costiera tunisina. Pochi giorni prima la Mezza luna rossa libica aveva raccolto i corpi di 4 bambini subsahariani su una spiaggia non lontano da Tripoli. Ancora una volta non era stata divulgata nessuna notizia di disastri in mare né sono stati ritrovati i corpi di altre persone affogate. La strage del 24 sera pone nuovi interrogativi sui flussi migratori e le contromosse dei trafficanti, che gradualmente stanno spostando le partenze sulla Tunisia allargando il fronte che parte dalla Libia. Il timore è che in particolare i boss della tratta di donne destinate allo sfruttamento in Europa, volendo ridurre al minimo il rischio di “perdita” del capitale investito stiano cercando strade alternative alle “connection house” libiche, dove le ragazze vengono recluse prima di venire imbarcate verso l’Europa. La nazionalità della gran parte delle vittime, in maggior parte provenienti dalla Costa d’Avorio, alimenta queste domande, ma dalle autorità dei Paesi coinvolti non giungono risposte.

Da inizio anno i migranti sbarcati sulle coste italiane, secondo i dati del Viminale aggiornati a ieri, sono stati 34.001. I picchi ci sono stati durante i mesi estivi e a novembre. Gli arrivi sono triplicati rispetto allo stesso periodo del 2019 quando erano stati 11.277 (al 31 dicembre 11.471), mentre nel 2018 erano 23.209 (al 31 dicembre 23.370). La maggior parte delle partenze avviene oramai dalla Tunisia (38%) da cui sono sbarcate nelle Penisola 12.816 persone.

Le nazionalità dichiarate sono: Bangladesh (4.132), Costa d’Avorio (1.950), Pakistan (1.358), Egitto (1.239), Sudan (1.099), Marocco (996), Afghanistan (950) e Somalia (876). A questi vanno aggiunte altre 6.914 persone provenienti da altri Paesi o per le quali è ancora in corso l’attività di identificazione. Più del 10% del totale degli arrivi ha riguardato minori non accompagnati: 4.489 da inizio anno al 17 dicembre. Un numero di gran lunga superiore, anche in questo caso, rispetto a tutto il 2019, quando ne erano stati registrati 1.680 ma si più vicino ai 3.536 del 2018. La Turchia resta un osservato speciale delle autorità Ue. Dopo le fiammate della scorsa primavera, quando Erdogan aveva spinto sulla frontiera terrestre con la Grecia oltre 350mila persone per negoziare un nuovo patto con Bruxelles, gli attraversamenti sia terrestri che marittimi negli ultimi mesi sono tornati a crescere. Sulle coste crotonesi è avvenuto il terzo sbarco in una settimana, dopo quelli del 21 e del 22 dicembre. A bordo di una barca a vela viaggiavano 12 persone intercettate dalla Guardia di finanza a largo di Capocolonna: 4 uomini, 2 donne e 5 bambini, tutti di nazionalità irachena e appartenenti a due nuclei familiari. In disparte un altro uomo, un turco sospettato di essere lo scafista.

Il vero rebus resta però la Libia. Il governo riconosciuto di accordo nazionale e le forze ribelli del maresciallo Khalifa Haftar si sono scambiati prigionieri nel quadro dell’accordo di cessate il fuoco firmato lo scorso 23 ottobre a Ginevra. Secondo quanto riferito da esponenti di Tripoli, in cambio di 33 uomini delle proprie milizie il generale Haftar ha rilasciato 18 prigionieri della Tripolitania. Tra essi pare non vi sia uno dei fratelli Dabbashi, a lungo destinatario di “aiuti” dall’Italia, nonostante si trattasse di uno dei più pericolosi trafficanti di uomini.