“Liturgia e arte. La sfida della contemporaneità”

VIII Convegno liturgico internazionale nel monastero di Bose


CITTA’ DEL VATICANO, mercoledì, 30 giugno 2010 (ZENIT.org).- La comunità cristiana è oggi capace di discernere l’opera d’arte coerente con la liturgia, in modo che essa partecipi veramente alla concelebrazione, che è sempre concelebrazione della terra e del cielo, degli uomini e delle creature tutte, tra le quali le creazioni artistiche? E ancora: la comunità cristiana ha l’autorevolezza audace per chiedere agli artisti di mettere al servizio della liturgia la loro arte?

Sono le domande poste dal priore della comunità monastica di Bose, Enzo Bianchi, all’inizio dei lavori dell’VIII Convegno liturgico internazionale tenutosi nel monastero piemontese dal 3 al 5 giugno scorsi.

L’iniziativa, promossa congiuntamente dal monastero e dall’Ufficio nazionale dei beni culturali della Conferenza episcopale italiana, diretto da mons. Stefano Russo, è stata incentrata quest’anno sul tema “Liturgia e arte. La sfida della contemporaneità”.

Presenti a Bose circa 150 partecipanti, tra studiosi cattolici, ortodossi, luterani, anglicani e riformati insieme ad architetti ed artisti provenienti, oltre che dall’ Italia, da Austria, Belgio, Brasile, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Indonesia, Irlanda, Polonia, Portogallo, Stati Uniti, Svizzera e Ungheria. L’appuntamento ha fornito, tra l’altro, l’occasione per presentare delle esperienze dell’incontro tra liturgia e arte contemporanea in alcuni paesi europei e all’interno delle diverse confessioni cristiane.

Al termine della tre giorni di studio e confronto sono state sintetizzate alcune schematiche linee di fondo che serviranno da orientamento per la successiva elaborazione concettuale e pratica sull’argomento.

“Il convegno – ha affermato Albert Gerhards dell’Università di Bonn – ci ha mostrato che è necessario dare una definizione esatta dei concetti centrali di arte religiosa – arte sacra/cristiana – arte liturgica e di arte religiosa – arte non religiosa”.

L’opposto dell’arte religiosa, infatti, “non è il profano, ma il secolare cioè la negazione di ogni trascendenza”. L’arte sacra tradizionale, inoltre “è andata in crisi e la questione, se si possa continuare con l‘iconografia tradizionale, resta aperta. Herbert Falken, pittore e teologo tedesco, scrisse come suo undicesimo comandamento: ‘Tu non devi fare arte cristiana’”.

Per quanto riguarda i concetti di arte liturgica e non liturgica “vi sono delle esigenze pratiche da parte della liturgia che richiedono venga rispettato il criterio di funzionalità. Un altro criterio è quello del ‘luogo’ dell‘opera d‘arte nello spazio liturgico”. Occorre anche distinguere fra “opere d‘arte fisse e temporanee nelle chiese: un’opera d’arte provocatoria ha una sua funzione ma in linea di massima non verrà esposta in maniera permanente”.

Va sottolineata la consapevolezza, secondo Gerhards, che “c’è un’analogia fra liturgia e arte a causa delle sue strutture simboliche-sacramentali” e che “l’arte può essere un interrogativo a una liturgia non davvero celebrata”. Da qui si pone “la questione della bellezza, di cui parlano i documenti ecclesiastici. Di che qualità è una bellezza che include la gloria di Dio e la teologia della croce, secondo la definizione di von Balthasar?”.

“Alcuni esempi presentati durante il convegno – ha proseguito Gerhards – dimostrano che il dialogo con grandi artisti del nostro tempo aiuta molto a trovare soluzioni convincenti ed orientamenti per il futuro”. In questa prospettiva, “il presupposto per un dialogo fruttuoso da parte della Chiesa sono una teologia e una spiritualità autentica e una vera ars liturgica come arte primaria”.

Emerge dal convegno la convinzione che “l’arte contemporanea – permanente o temporanea– può aiutare per una comprensione migliore dell’arte tradizionale nella Chiesa e per una performance migliore della liturgia stessa” e che “per superare lo iato fra il concetto tradizionale dell’arte sacra e il concetto del dialogo con l’arte contemporanea sotto l’aspetto del religioso bisogna studiare le esperienze di incontri fra Chiesa e arte che sono riuscite”.

Per ultima una indicazione di metodo: “si dovrebbero – ha affermato lo studioso di Bonn – scambiare le esperienze nelle commissioni diocesane e nazionali per l’arte sacra e nelle Facoltà teologiche, per accrescere la sensibilità per la dimensione artistica”. “In questa materia – ha sottolineato Gerhards – anche un esperimento non riuscito è una occasione per imparare”.

“Se la contemporaneità pone una sfida al rapporto tra arte e liturgia – ha concluso Gerhards – è anche vero che in diversi paesi molti artisti si lasciano sfidare e questo rappresenta una grande opportunità per la Chiesa di percepire meglio la realtà e il linguaggio del mondo e, allo stesso tempo, di far cogliere meglio la portata della propria tradizione artistica”.