L’inverno demografico gela la scuola: 37mila classi perdute, 55mila prof di troppo. Nel 2028 un milione di studenti in meno

Nel 2028 un milione di studenti in meno

L’inverno demografico in cui, ormai da molti anni, è precipitata l’Italia avrà conseguenze molto pesanti e, per certi versi, drammatiche sul mondo della scuola, sia in termini di posti di lavoro persi, sia sul versante della qualità dell’insegnamento e dell’innovazione della didattica. A lanciare l’allarme è una ricerca della Fondazione Agnelli di Torino che, a partire dal trend demografico in atto, indica l’evoluzione della popolazione scolastica con un orizzonte decennale, da qui al 2028. I dati che emergono dal rapporto, inevitabilmente, rappresentano anche un promemoria per la legislatura che si è appena inaugurata e per il prossimo governo, che dovrà fare i conti con il cambiamento in atto nella società italiana, affrontando le priorità della denatalità e della questione educativa.

Perso un milione di alunni in dieci anni. Secondo le stime della Fondazione Agnelli, il 1° gennaio 2028 la popolazione tra i 3 e i 18 anni, che oggi è di circa 9 milioni di persone e che è quella che in grande maggioranza frequenta la scuola, sarà scesa a 8 milioni, con una perdita secca di un milione tra bambini, adolescenti e giovani. Nessun Paese in Europa avrà un trend così negativo. Fatto 100 il numero indice di base della popolazione europea del 2015, nel 2028 la Svezia, miglior paese del Vecchio continente, salirà a 125, la Gran Bretagna e la Germania a 109, la media dell’Ue scenderà a 99, seguita da Francia a Polonia al 98, dalla Spagna al 93 e dall’Italia, all’ultimo posto, con un indice di 85 punti.

L’emorragia delle classi e delle cattedre. Tra dieci anni, insomma, avremo meno alunni e, di conseguenza, meno classi/sezioni e meno cattedre. In numeri assoluti, la Fondazione Agnelli prevede che, entro il 2028, la scuola dell’infanzia perderà 6.343 classi/ sezioni, la primaria 17.956, la secondaria di primo grado 9.420 e la secondaria di secondo grado 3.002. In totale, a livello nazionale le classi/sezioni perse saranno 36.721. Questi, invece, gli effetti sugli organici: -12.600 cattedre alla scuola dell’infanzia, -22.100 alla primaria, -15.700 alla secondaria di primo grado e -5.200 alla secondaria di secondo grado. Complessivamente, entro il 2028, la scuola italiana perderà 55.600 cattedre, pari, per esempio, a oltre la metà degli insegnanti assunti con la Buona scuola negli ultimi due anni. La contrazione delle classi e degli organici, con il conseguente e cospicuo eccesso di insegnanti, sarà omogenea in tutta Italia. Non sarà più vero, quindi, l’assunto, ripetuto all’infinito in questi anni anche per giustificare la “migrazione” di tanti docenti, secondo cui «i professori sono al Sud ma le cattedre sono al Nord». Anche il settentrione perderà alunni e insegnanti.

La popolazione scolastica calerà ovunque. Partendo dai dati delle proiezioni demografiche dell’Istat aggiornate al 2016, la Fondazione Agnelli prevede che, per quanto riguarda la scuola dell’infanzia (3-5 anni), la popolazione calerà ovunque: del 14% al Nord e al Centro e del 17% al Sud. Non andrà meglio alla primaria (6-10 anni): -16% al Nord, -14% al Centro e -19% al Sud. Stesso trend, anche se con percentuali leggermente diverse, alla secondaria di primo grado (11-13 anni). Qui il calo della popolazione sarà del 10% al Nord, del 19% al Centro e del 9% al Sud. In controtendenza la situazione della secondaria di secondo grado (14-18 anni), che riceverà “l’onda lunga” di chi oggi frequenta l’infanzia e le elementari. Per questo ordine di scuola la popolazione crescerà ancora per un decennio al Nord (+4%) e al Centro (+6%), ma continuerà a scendere al Sud (-13%).

Due miliardi di euro l’anno “risparmiati”. Le 55.600 cattedre in meno avranno un duplice impatto: sui conti pubblici, con un “risparmio” di quasi due miliardi di euro l’anno (1.826 milioni per la precisione), in mancati stipendi e sull’innovazione della didattica. Un versante, quest’ultimo, che, stando alle previsioni della Fondazione Agnelli, andrà in grave sofferenza a causa del blocco del turn over che impedirà l’ingresso nella scuola ai giovani insegnanti. Un problema in più sul tavolo del prossimo governo.

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