Libertà di espressione, certo ma attenzione al buonsenso

Lunedì sul “Corsera” (pp. 1, 34 e 35) tre firme di rilievo, Panebianco, Ferraris e Battista, sulle «rivolte antiamericane e antioccidentali… diffuse in tutto il mondo islamico» dopo la proiezione di «The Innocence of Muslims… film offensivo». In sostanza – se non ho capito male – tre vibranti difese della libertà fino dai tre titoli: «La libertà delle persone è la vera questione», «Sulla censura nessuno ha le carte in regola» e «Quello che insegna il caso Rushdie». Per Panebianco nel mondo islamico le libertà degli individui mancano delle «fondamenta individualiste» e la cultura dominante è illiberale, Ferraris rimbrotta le censure storiche che hanno furoreggiato anche negli Stati Uniti, e da noi ben oltre l’epoca del fascismo, ribadendo il dovere di difendere, pur «senza iattanza il valore universale del nostro piccolo credo, la libertà di espressione» e Battista ricorda i lati tragici e drammatici del caso Rushdie e le vittime libertarie tra chi ha osato difendere lo scrittore, tutte colpevolmente dimenticate dall’inerzia morale e culturale delle nostre paure, e si dice inorridito che ancora oggi qualcuno possa ritenere inopportuno aver scritto e pubblicato i “Versetti Satanici”… Che dire? Due cose. La prima è che encomiabilmente nessuno dei tre per dire di una certa attualità islamica ha sentito il bisogno, come invece altri, di prendersela anche con la storia del cristianesimo. La seconda – più importante – è rilevare che in nessuno dei tre “lamenti” – per carità in astratto giustissimi – ci sia anche un mite appello al buon senso: se una parola, uno scritto, un film si verificano in contesti nei quali milioni di persone se ne sentiranno offesi, vale proprio la pena di manifestare il “coraggio” di una sfida le cui conseguenze – come in questi giorni – siano pagate da altri con morti e feriti?
a cura di Gianni Gennari – avvenire.it