L’Europa lo esclude, il Mondo lo cerca Ma l’Italia che fa per l’italiano?

FERDINANDO CAMON
La Commissione Europea vuol tener conto dei brevetti solo se depositati nelle tre lingue inglese, francese, tedesco. Niente italiano e niente spagnolo. Gli inventori italiani e spagnoli protestano, perché l’Europa è fondata sul principio della pari dignità di tutte le lingue dei Paesi membri. Sto con gli inventori, naturalmente. Anche tutto ciò che viene inventato in italiano e spagnolo e nelle altre lingue europee è importante per la scienza e per l’uomo. Gli scienziati e gli inventori han diritto di dire: noi esistiamo anche se pensiamo e scriviamo in lingue diverse dalle tre designate ‘dominanti’. Siamo dunque d’accordo. Ma, scusate, e gli scrittori? È una verità immutata dal dopoguerra ad oggi che uno scrittore italiano non esiste per il mondo, finché i suoi libri esistono in italiano, ma esiste solo dopo che i suoi libri sono stati tradotti in inglese o in francese. Il mondo non legge i nostri libri finché sono stampati da qualche, pur glorioso, editore italiano, li legge solo quando sono tradotti da qualche editore inglese o americano o francese. Una volta anche russo, ma questo valeva solo all’interno dell’impero sovietico (peraltro, sterminato): se un libro italiano era tradotto a Mosca, veniva subito esaminato per traduzioni a Berlino Est, Praga, Budapest, Varsavia, eccetera. Adesso è fondamentale esser tradotti a Parigi perché ti leggano gli editori europei e sudamericani, e a Londra o New York perché ti leggano gli editori del mondo. Il che vuol dire che non ti leggono e non ti valutano nella lingua in cui scrivi, ma nella lingua del tuo traduttore: non leggono e non valutano te, ma un altro. Non la tua opera, ma un’altra opera. In Europa, la prevalenza delle tre lingue francese, inglese e tedesco sta a significare che non i 27 Paesi membri son diventati Europa, ma che tre nazioni dominanti son diventate Europa. E nell’ambito dei libri il dominio esclusivo di due lingue, inglese e francese (con l’inglese in continua prevalenza anche sul francese), sta a significare che quelle due lingue si fanno mondo. Questo ha una conseguenza enorme su come il mondo capisce i nostri libri: capisce solo quelli che sono predisposti a diventare anglo-americani, cioè che sono poco italiani, o poco spagnoli, eccetera. In tutto il mondo, i parlanti inglese, anche e soprattutto americani, ritengono che parlare inglese è sufficiente per esprimersi ed esser capiti su tutta la Terra, chi parla inglese non ha bisogno di parlar nessun’altra lingua, mentre chi parla e scrive in qualsiasi altra lingua deve parlare e scrivere anche in inglese. Anche la polizia inglese o americana la pensa così. Se ti fermano in un aeroporto, e t’interrogano in inglese, non sopportano che tu voglia rispondere in francese. In un aeroporto tedesco, se tu vuoi rispondere in francese, chiamano qualcuno che parli francese. La convinzione dei parlanti inglese oggi è quella dei parlanti latino nell’impero romano: chi non parlava latino non aveva diritti nell’impero. Nei parlanti inglese questa convinzione s’impianta fin da piccoli: ho un nipotino americano di otto anni, che ha tutti e quattro i nonni vivi, due italiani e due britannici, ma il nonno britannico è un correttissimo ‘granpa’ mentre il nonno italiano, io, che parla un cattivo inglese, è ‘nonno funny’, perché uno che non parla un perfetto inglese ha qualcosa di stralunato. Ci rimette, uno scrittore italiano, a non esser letto e valutato nella sua lingua originale ma nelle traduzioni? Tutto: non è più lui. Il grande scrittore italiano è intraducibile. Più è traducibile, meno è grande e meno è italiano. Da Dante a Leopardi a Gadda. La soluzione è una sola: dobbiamo incrementare la conoscenza della lingua italiana nel mondo. Non è vero che non c’è domanda: quella che non c’è è la risposta. A Stoccolma ho visto corsi d’italiano anche di notte, perché quelli diurni erano pieni. A Budapest ho visto studenti dell’Istituto italiano di cultura radunarsi nelle piazze, perché le aule erano piene. A Shanghai ci sono studentesse d’italiano escluse per sorteggio, perché sono troppe. Il mondo non respinge l’italiano. È l’Italia che non lo spinge.
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