LETTERATURA. La scrittura come inquietudine del cuore

FULVIO PANZERI

Marco Franzoso è senz’altro uno dei migliori narratori italiani di oggi, anche se non è considerato “alla moda” e quindi, inspiegabilmente, mai considerato anche solo nelle cinquine dei premi più importanti. Le ragioni possiamo trovarle in questo suo nuovo libro sorprendente che non è un romanzo, ma una sorta di “sfida” a se stesso innanzitutto, e alla necessità di rischiare mettendo a nudo il suo punto di vista sulla letteratura e sulle ragioni dello scrivere, un libro che senz’altro lo ha accompagnato per anni, vista l’impresa che ne è uscita, settecento fitte pagine, per spiegare come si scrive qualsiasi storia, come viene indicato dal sottotitolo. Il titolo invece è semplice, ma anche ambizioso e presenta questo “viaggio” di Franzoso come “il grande libro della scrittura”, intensa però anche nella connessione stretta con la lettura, convinto com’è che il confronto con gli scrittori amati possa essere non solo vitale, ma possa anche aiutare a porsi nell’ottica giusta nel momento in cui si vuole affrontare una storia e farla diventare scrtittura.

Il pregio di questa “sfida”, anche se il sottotitolo, parla di “manuale”, è l’essere anticonvenzionale, vale a dire che non vuole porsi nell’ottica specifica delle “scuole di scrittura”, dove secondo Franzoso a prevalere (o questa sarebbe l’aspettativa) è l’esercizio delle tecniche letterarie, che però non bastano, non sono sufficienti a dare corpo e soprattutto a far emergere quella che è l’anima di una storia, che può, come dimostra nel corso di questo suo dettagliato “viaggio”, senz’altro trovare giovamento dall’uso di strumenti letterari adeguati, ma può rivelare anche sorprendentemente quella parte profonda di sé che lo scrittore ha bisogno di sviluppare, attraverso la lettura o l’osservazione diretta del mondo in cui vive.

Un esempio lo troviamo in uno dei racconti del grande Tolstoj, tra gli autori più amati da Franzoso che scrive: «C’è un racconto che amo particolarmente, “La morte di Ivan Ilic”. Eppure Tolstoj stesso sosteneva che fosse scritto male. Tuttavia non è mai riuscito a tornarci sopra dopo averlo scritto, perché lo toccava troppo, era troppo incandescente. In fondo la bellezza di questo racconto sta anche nelle imperfezioni. Credo che la narrativa sia l’arte dell’imperfezione. Così come nella vita, e noi portiamo per quanto possiamo la vita sulla pagina».

2 “> La singolarità di questo “manuale” è il suo carattere che, oltre a evidenziare la questione “tecnica”, aiuta a porsi domande, a porre attenzione alle scritture degli altri, per far sì che, attraverso l’esperienza del lettore, si trovi una consapevolezza nella propria autenticità non solo di scrittori.

Anche per quanto riguarda lo stile Franzoso è molto chiaro, perché le scelte stilistiche non nascono solo dall’applicazione di alcune regole: «La ricerca dello stile è la ricerca della nostra verità, perché la nostra sto- ria può essere scritta in un solo modo; quello, e non tollera varianti. E siamo noi, e non lo specchio di ciò che vorremmo essere, a dover parlare ». E aggiunge: «Non c’è mai opposizione tra lingua e storia. La storia è anche la lingua con cui è narrata ed espressa. La lingua è anche la storia che viene narrata».

Sono riflessioni a cui lo scrittore giunge dopo perlustrazioni e rimandi ai libri amati, quelli che sceglie come “strumenti”, non solo per sostenere le sue tesi, ma per dare conto delle sue passioni di lettore, non certo a senso unico, e nemmeno “retorico” o “convenzionale” nelle scelte, rivolgendosi ai grandi classici, ma rivalutando anche scrittori, pur vincitori di premi Nobel, ma considerati un po’ sottotono dalla critica italiana. E’ il caso del francese Patrick Modiano, nome decisamente tra i più ricorrenti nel libro, per quanto riguarda i contemporanei, al quale in chiusura vuol dedicare un omaggio, perché lo ritiene lo scrittore che maggiormente lo ha cambiato: «A leggere romanzi come

Dora Bruder, si comprende il senso ultimo della narrativa. Che è una forma di testimonianza, un lasciare delle tracce del proprio passaggio perché qualcuno attraverso quelle tracce trovi se stesso col massimo della dignità… Queste tracce ci aiutano a costruire uno specchio all’altezza della persona che siamo e del nostro inestimabile valore».

E’ un manuale scritto a cuore aperto, anche se è sempre presente quel pudore di scrittura che caratterizza i suoi romanzi, tanto che Franzoso non teme di dichiarare che questo suo «manuale di scrittura narrativa è innanzitutto una dichiarazione d’amore». Così se alcuni scrittori ricorrono più di altri ( Tolstoj, Hemingway e Carver) è perché in loro si possono trovare esempi di «chiarezza » che illustrano «alcune delle forme in cui si sostanzia la scrittura». Altri invece appaiono e illuminano come forma di ringraziamento, che è anche lo scopo ultimo che lo ha spinto ad affrontare questo “viaggio”: ad esempio Agotha Kristòf e il suo capolavoro, Trilogia della città di K, che come pochi altri riesce ad avvicinare l’autore «al mistero insondabile della scrittura» che si presenta «con le sembianze della semplicità scarnificata e che grazie a questa apparente semplicità riesce a scavare in profondità e permettere a noi stessi di scavare… Lo scavo, forse, come unica possibilità dell’essere».

Marco Franzoso

Il grande libro della scrittura

Il Saggiatore. Pagine 718. Euro 18,00

Un manuale come atto d’amore nei confronti dello scrivere per la letteratura Un saggio contro corrente di Franzoso che è anche un critica implicita alla moda delle scuole di scrittura