L’epitaffio di una cristiana dalle catacombe di Priscilla: “Il Natale”

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Una lastra in marmo bianco italico, utile a chiudere un loculo delle catacombe romane di Priscilla sulla via Salaria Nuova, si conserva ora ai Musei Vaticani. La nobile chiusura del loculo presenta un articolato ed armonico apparato inciso, dove si alternano parole ed immagini, e denuncia una cronologia, che interessa il pieno IV secolo.

Muovendosi dal lato sinistro, si incontra il busto-ritratto di una defunta, vestita di tunica e palla, con una acconciatura a ciocche giustapposte e aderenti al capo, del tipo diffuso in età severiana. Indossa grandi orecchini ad anello e tiene un volumen con la mano sinistra, mentre con la destra propone il gesto della parola.

I tratti anatomici sono assai marcati: gli occhi sono piccoli e allungati, il naso grande e forte, la bocca piccola e serrata, il mento appena accennato, l’ovale largo e regolare. Se l’acconciatura, come si diceva, presenta le caratteristiche delle “parrucche” di età severiana, la piena frontalità del ritratto e l’espressione ieratica dello sguardo ci accompagnano verso la tarda età costantiniana, quando le dame recuperano le pettinature del tempo dei Severi e, segnatamente, quella adottata da Giulia Domna, la moglie di Settimio Severo, che ispirò l’acconciatura dell’imperatrice Fausta, moglie di Costantino.

Incontriamo, poi, l’iscrizione augurale Severa in Deo vivas, che ci informa sull’identità della donna, ricordata con il solo nome di battesimo e che ci cala nell’atmosfera paradisiaca dei primi cristiani.

Di seguito, si snoda la teoria dei Magi che si incamminano verso la Vergine con il Bambino sulle ginocchia, seduta da una cattedra vimine. La scena dell’Epifania comporta la presenza di tre Magi, in abiti orientali, che recano oro, incenso e mirra, rappresentati come due piatti ed un sacchetto. Dinanzi a loro, splende una stella a sei punte, con bolla centrale, indicata da un personaggio biblico, situato dietro al trono.

Quest’ultimo personaggio fu identificato da Joseph Wilpert come il profeta Isaia, da paragonare a quello che, negli anni Trenta del III secolo, fu raffigurato nel celebre affresco della Natività dell’arenario centrale, proprio nella catacomba di Priscilla. Il personaggio, interpretato, in passato, come san Giuseppe, fu identificato da Engelbert e Kirschbaum con il profeta Balaam, che indica la stella, quale annuncio della nascita del Messia.

Il profeta che indica la stella appare altre volte nell’arte delle catacombe durante tutto il IV secolo. In alcuni casi — come nelle catacombe dei Santi Pietro e Marcellino e nell’ipogeo di via Dino Compagni — compare isolato, quasi per personificare la profezia. In altri casi — come nella catacomba di Marco e Marcelliano e nel complesso di Santa Ciriaca al Verano — si presenta in contesti più articolati e particolari, tante che, in quest’ultimo affresco il profeta addita non una stella, ma un cristogramma, arricchendo di significato cristologico l’annuncio veterotestamentario.

La defunta Severa, nel suo epitaffio, desidera menzionare, accanto alla speranza della vita eterna, il mistero del Natale, osservato nel prodigioso intreccio della profezia dell’Antico Testamento e la realizzazione di ogni profezia, che prende avvio e si sostanzia con la nascita del Bambino.

Osservatore Romano