L’enigmatica «Adorazione dei Magi» di Gentile da Fabriano. Vuoi giocare?

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Tre uomini distinti, o un unico personaggio? Questo è l’enigma dell’Adorazione dei Magi di Gentile da Fabriano. I saggi venuti dall’oriente sono tre persone diverse: un giovane, uno di mezz’età e un anziano; quasi a significare le differenti stagioni della vita, tutte capaci di riconoscere e onorare il Dio bambino. Eppure, un dettaglio suggerisce un’altra possibile lettura: il piede destro del giovane schiaccia il mantello degli altri due, come fosse il centro di un quarto di ruota avente per raggi i tre magi. Non solo: essi appaiono come fotogrammi di un unico movimento che parte dalla postura eretta del giovane, passa per quella inchinata dell’adulto per giungere alla prostrazione dell’anziano. Siamo davanti all’arco di un’unica vita, disegnato grazie a tre incontri emblematici col Dio bambino.

Il giovane sembra un commento al Salmo 8, attribuito dal salterio a Davide. Alla domanda «Cos’è l’uomo?» si risponde «Un re!», «coronato di gloria e onore». Con la corona in testa, imberbe, elegante, ritto, cosciente della propria bellezza e vitalità, col futuro davanti, servito e riverito: un domestico è genuflesso ai suoi piedi per togliergli gli speroni (lui non lo degna di uno sguardo). Tiene ben alzato il dono che offre, esibendo quanto può, quanto ha e, soprattutto, quanto dà.

A mezz’età è piegato. La barba è cresciuta. Il peso della vita gli ha curvato il portamento. Certo, è ancora un re, ma si sta levando la corona. Benché più alta e ricca di quella giovanile, sembra un’insegna inadeguata ai lutti e alle perdite subite, all’altalena di successi e ritirate, di progetti e delusioni, manie e melanconie. In altre parole: la morte ha già cominciato a bussare alla sua porta e il “toc toc” è sempre più insistente. Nel Salmo 144 Davide si pone la medesima domanda: «Cos’è l’uomo?». Ma la risposta cambia: «L’uomo è come un soffio, i suoi giorni come ombra che passa». A differenza di un tempo, non è più convinto del valore di quanto porta e dona; forse non è così importante come credeva, tant’è che il suo regalo è in posizione più discreta, defilata. Attenzione all’età di mezzo!

Da vecchio ha ormai deposto la corona, rivelando la sua calvizie. L’emblema della regalità è appoggiato a terra, come le sue ginocchia e le sue mani; da quella terra è stato tratto e a essa sta per tornare. Il suo dono prezioso è sparito, ridotto a oggetto di commento di due donne, ma non considerato dalla Santa Famiglia. Il Bambino sembra disinteressato alla prova di generosità del re. Vuole solo giocare; e gioca, pieno di simpatica ironia, con la pelata dell’anziano. Quando era giovane, il re era servito in ginocchio. Ora è lui inginocchiato. Anzi: è a “quattro zampe”, a “gattoni”, esattamente come cammina un bambino molto piccolo. È la mossa giusta! Il gesto di un adulto che intende giocare con un bambino, per godere la gioia che sprigiona. O si diventa come bambini o con i bambini è impossibile giocare: è necessario muoversi come loro, parlare come loro, sottostare alle loro regole e alla loro fantasia. Altrimenti si sta con loro, ma non ci si diverte grazie a loro. E la gioia se ne va. Il Bambino è divertito, toccando la testa liscia del vecchio e questi ricambia baciandogli i piedini. Finalmente, al termine della vita, ha capito che conviene giocare. E con chi.

di Giovanni Cesare Pagazzi

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