«Le braccia della Chiesa aperte verso tutti i migranti»

È stato pubblicato ieri il testo finale del VI congresso mondiale tenutosi nel novembre 2009 in Vaticano. Al centro la persona e la sua dignità
 DA ROMA MIMMO MUOLO
– avvenire 13 Febbraio 2010
 I
l pianeta migranti è una sfida a più dimensioni. Ma la chiave di volta per vincerla è la centralità della persona e la sua dignità. Con questo principio di fondo si misura il documento finale del sesto Congresso mondia- le della pastorale per i mi­granti e i rifugiati, che si è te­nuto dal 9 al 12 novembre 2009 in Vaticano. E proprio a partire dalla dignità degli uo­mini e delle donne che ab­bandonano le proprie terre, il testo annuncia che «la Chie­sa deve aprire le braccia a tut­ti i migranti, qualunque sia la loro età, il loro credo o la con­vinzione ». Naturalmente questa è solo una delle conclusioni conte­nute nel documento, che non teme di entrare nel merito an­che di questioni che investo­no scelte politiche dei singo­li Stati. Si insiste ad esempio sulla necessità di «sviluppare e aumentare la cooperazione con i Governi, la società civi­le e le autorità locali per sod­disfare le esigenze dei mi­granti e difenderne dignità e diritti». «Si ritiene – prosegue il documento – che la Chiesa locale debba lavorare a più stretto contatto con quanti, nel governo locale e naziona­­le, sono responsabili delle po­litiche riguardanti i migranti e i rifugiati, sia che apparten­gano a tradizioni cristiane dif­ferenti o ad altre religioni». I­noltre la Chiesa «dovrebbe mettere a punto strategie ap­propriate e contribuire a una riforma del sistema interna­zionale e globale dell’immi­grazione che dovrebbe esse­re applicata equamente».
  Insomma di fronte a quello che viene definito «un segno dei tempi», occorre piantare i semi di una «una vera spe­ranza », per far sì che «i temi della sicurezza e della paura sociale» non portino a «un au­mento della discriminazio­ne », «del razzismo», della «cri­minalizzazione dei migranti» e che fenomeni inquietanti come il «traffico di esseri u­mani
», i «falsi matrimoni» e «nuove forme di schiavitù» prendano sempre più piede. Per questo il documento de­nuncia la «sofferenza umana» fatta di respingimenti, di «de­tenzione arbitraria» e a volte anche di «tortura nei campi di accoglienza». «È chiaro – si legge nel testo – che un atteg­giamento difensivo e politi­che migratorie restrittive di­vidono e distruggono le fa­miglie » e «che i disordini so­ciali tra i migranti sono cau­sati pure dall’ingiustizia so­ciale ». «In evidente contrasto con gli atteggiamenti restrittivi – pro­segue il testo – le economie mondiali hanno bisogno in genere di una maggiore mo­bilità umana» e pertanto il documento esorta a pro­muovere questo aspetto. An­che a livello mediatico la Chiesa può fare di più «per sottolineare il contributo po­sitivo dei migranti alla so­cietà » e per «combattere pub­blicamente la discriminazio­ne, la xenofobia e il razzi­smo ». Tuttavia per la comu­nità ecclesiale il macrofeno­meno delle migrazioni è es­senzialmente «una questione pastorale prioritaria». Per questo il Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti sottolinea la «corresponsabilità e comu­nione tra Chiese di origine e Chiese di accoglienza», che hanno permesso una miglio­re comprensione del feno­meno migratorio e hanno suggerito misure concrete per la stessa pastorale. Invitando poi a guardare agli immigra­ti come «protagonisti del lo­ro futuro», sia nei Paesi d’ar­rivo che in quelli di partenza, il documento raccomanda il rafforzamento delle strutture ecclesiali attraverso una mag­giore collaborazione, per me­glio proteggere le comunità locali e gli stessi migranti.
  Una particolare preoccupa­zione viene espressa per i bambini rimasti nei Paesi d’o­rigine che «pagano un prezzo molto elevato» per la separa­zione delle famiglie; un trau­ma che può mettere in peri­colo la loro educazione e la società di domani. «Trasfor­mando la Chiesa in un punto di incontro – conclude il do­cumento –, si può neutraliz­zare l’effetto negativo della secolarizzazione, contri­buendo così a trasformare la migrazione in opportunità per l’evangelizzazione, nel pieno rispetto della scelta di
ciascuno».
 La comunità ecclesiale invitata a sottolineare gli elementi positivi legati all’immigrazione.
  Le discriminazioni non aumentano la sicurezza