L’«ALTRO MODO» DI COMBATTERE Quella resistenza nonviolenta che riesce a frenare l’invasore

L’immagine più eloquente resterà senz’altro quella dell’uomo che tenta di fermare a mani nude una colonna di carri armati russi a Bakhmach, cittadina a 150 chilometri da Kiev. Si aggrappa al cannone, poi perde l’equilibrio finendo a terra.

A Kherson continuano le evacuazioni di civili /Reuters

Il carro armato si ferma e l’uomo si inginocchia davanti al blindato, mentre altri civili disarmati tentano inutilmente di bloccare l’avanzata del convoglio. L’invasione russa era iniziata da poche ore ma quella non sarebbe rimasta un’iniziativa isolata. Nei primi mesi della guerra la società civile ucraina ha tentato con grande coraggio di contrastare l’occupazione militare anche con centinaia di azioni nonviolente, che hanno avuto però uno scarsissimo risalto mediatico. Le notizie dai fronti di guerra, i bombardamenti, i massacri e le fosse comuni hanno inevitabilmente messo la sordina alle manifestazioni spontanee, ai blocchi stradali, alle evacuazioni di feriti e di persone fragili, e a tutti quei gesti di disobbedienza civile che in futuro potrebbero costituire il seme della ricostruzione del Paese.

Una ricerca effettuata sul campo da Icip e Novact, due organizzazioni pacifiste catalane, ha cercato di riportare alla luce il volto dimenticato della resistenza nonviolenta ucraina dando voce a decine di attivisti, rappresentanti di Ong, accademici e istituzioni religiose. Il gruppo di lavoro, coordinato dal professor Felip Daza Sierra, ne ha analizzato le modalità operative suddividendole in tre diverse tipologie (atti di protesta e dissuasione, movimenti di risposta nonviolenta, misure di non collaborazione con l’occupante) e ha creato una mappa interattiva con tutte le singole azioni compiute nei primi quattro mesi di guerra. Il rapporto conclusivo, dal titolo “Ukrainian Nonviolent Civil Resistance in the Face of War”, afferma che sono state molto frequenti all’inizio dell’invasione, soprattutto nelle aree occupate del sud dell’Ucraina.

Come le lettere di dimissioni dei presidi delle scuole di Melitopol, o il rifiuto di alcuni insegnanti di Ozeriany, Sokolohirne e Novohryhorivka di aderire ai programmi scolastici imposti dai russi. La repressione, i sequestri e gli arresti arbitrati le hanno poi ridotte drasticamente, e gli attivisti sono stati costretti a intraprendere azioni di disobbedienza civile sempre più coraggiose, talvolta anche clandestine. Azioni che – conclude il rapporto – hanno avuto risultati molto significativi, contribuendo a ritardare gli obiettivi militari russi nelle prime fasi e rafforzando la coesione sociale e la resilienza della popolazione ucraina di fronte alla paura e all’incertezza causate dall’invasione.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

La ricerca di due Ong catalane mette in luce l’efficacia delle azioni di contrasto messe in atto dai civili. Nel silenzio dei media