La via trionfale dei perdenti

di Gian Carlo Olcuire | 15 ottobre 2017
Avrà fatto piacere anche al re incontrarli, ringraziandoli a uno a uno, per il loro slancio, inconcepibile per dei cristiani tiepidi

 

PARABOLA DELLE NOZZE E DEGLI INVITATI INDEGNI

(Eugène Burnand, 1899, Svizzera, Kunstmuseum di Winterthur)

 

«La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non ne erano degni» (Mt 22,1-10)

 

Ben altro si sarebbe potuto mettere in luce, in una parabola così ricca di immagini: i preparativi del banchetto, la spedizione dei servi per gli inviti, il menefreghismo degli assenti, il sollecito («Tutto è pronto; venite alle nozze!»), la nuova alzata di spalle degli invitati e la reazione cattiva di alcuni di loro, il disgusto del re, l’uomo privo di abito nuziale…

L’artista ha preferito concentrarsi sugli invitati della seconda chiamata: «cattivi e buoni», nel racconto di Matteo;«poveri, storpi, ciechi e zoppi», secondo Luca; «cani e porci», diremmo noi, a rimarcare che c’era proprio chiunque, i senza titolo e i senza merito… Le riserve delle riserve, scese in campo al posto dei titolari. Però più degne di loro, se non snobbano un invito di questa portata.

Burnand, noto al mondo per un solo quadro (quello con Pietro e Giovanni che corrono al sepolcro, la mattina della Risurrezione), ha disegnato vari momenti della parabola, riservando la pittura a olio a questa via trionfale percorsa da perdenti. Seppure bisognosi di accompagnamento, se li è immaginati pronti a dire sì, ritenendo impossibile restare impassibili davanti al massimo della festa possibile.

Il nuovo aspetto che questa parabola aggiunge a tante altre sul dono, è quello del privilegio di chi lo riceve. Non onorano la festa, i primi invitati, perché non arrivano a capire di quale onore siano stati investiti: eppure, se non è stato detto loro di venire a vedere ma di venire a partecipare, era evidente che li si considerasse di famiglia.

Di famiglia: proprio ciò che hanno capito d’essere… questi perdenti. Stavolta vincitori, dopo aver lasciato perdere le «cose da fare». Loro hanno realizzato al volo a chi dare la priorità: hanno pensato che un invito a nozze non è uno dei tanti programmi della serata, ma un evento unico, imperdibile, di cui gioire. Avrà fatto piacere anche al re incontrarli, ringraziandoli a uno a uno, per essersi relazionati a lui in modo non intellettuale. In altre parole per il loro slancio, inconcepibile per dei cristiani tiepidi (direbbe Paolo). Però quel finale sull’uomo privo di abito nuziale, dimostra che dal giudizio di Dio non sono esentati nemmeno gli ultimi.