LA TRADUZIONE CEI «Il nuovo Messale? Libro di tutti, non del prete. Valorizziamo i gesti dell’assemblea»

Nelle parrocchie italiane il nuovo Messale è arrivato lo scorso novembre, in mezzo al “terremoto” della pandemia, quando le celebrazioni erano – e ancora oggi lo sono – condizionate dalle misure anti-Covid. E nella Settimana di studio dei professori e dei cultori di liturgia la rinnovata traduzione del libro ha fatto da cornice alle riflessioni sull’assemblea eucaristica. «Ci siamo posti qualche domanda: la nuova edizione del Messale è un testo per l’assemblea o del prete? E la Messa è quella cosa che fa il sacerdote oppure è l’azione di tutta la comunità?», spiega don Paolo Tomatis, che ha fatto parte del gruppo Cei che ha concluso la redazione del libro liturgico. Le risposte sono scontante. «Il Messale – afferma – è certamente per l’assemblea perché scandisce la partecipazione attraverso gesti e parole che coinvolgono tutti. Però bisogna farlo ben funzionare. Il volume è molto più ricco di azioni comunitarie di quanto appare. È opportuno riscoprirle. Penso all’offerta dei doni da parte dei fedeli o al canto comunitario o ancora alla processione per la Comunione magari da ricevere nella pienezza delle due specie». E l’idea di un’omelia dialogata? «Può avvenire in assemblee particolari, come i gruppi di giovani. Non è opportuna durante le liturgie parrocchiali – puntualizza Tomatis – . Benché l’etimologia della parola “omelia” rinvii al dialogo, essa è una comunicazione orizzontale, ossia fra il predicatore e l’assemblea, ma a servizio di una comunicazione verticale, cioè del dialogo fra Dio e il suo popolo». (G.G.)