LA STORIA Tra Albania e Santa Sede un legame profondo

Trent’anni di relazioni diplomatiche ma l’amicizia vanta radici molto più antiche. Il ruolo di Clemente XI

Roma

C’è un legame profondo che unisce l’Albania con la Santa Sede. Nel 2021 ricorre il trentesimo anniversario delle relazioni diplomatiche, ma il legame di amicizia affonda le sue radici nei secoli ed è testimoniato anche dalla figura di papa Clemente XI (16491721), Giovanni Francesco Albani, nato a Urbino ma da famiglia (per parte di padre) di origine albanese, di cui quest’anno si celebra il terzo centenario dalla morte. Un Pontefice che con la sua terra d’origine ebbe sempre un rapporto speciale. Ai giorni nostri, nel 1993, dopo più di cinquant’anni di dittatura comunista, Giovanni Paolo II volle visitare, seguito poi nel 2014 da papa Francesco. Un doppio filo rosso che è stato al centro dell’evento organizzato dall’ambasciata della Repubblica di Albania presso la Santa Sede nella Sala Zuccari del Senato Il ruolo di Papa Clemente XI per il risveglio

identitario albanese nella cultura italiana del tempo.

Un Papa che, ricorda la capo missione dell’ambasciata della Repubblica di Albania presso la Santa Sede, Majlinda Dodaj in apertura dell’evento, si è speso molto per la salvaguardia della lingua e della cultura albanese. «Trenta anni fa l’Albania si è aperta alla religione e al mondo dopo quasi 59 anni di isolazionismo – ricorda –. Ma anche se l’esperimento comunista aveva eliminato le istituzioni religiose, non poteva eliminare le convinzioni. Ecco perché nonostante il terrore statale verso la fede il popolo ha continuato a conservare il credo di Dio e di nascosto a praticare i riti religiosi». La visita di Giovanni Paolo II, aggiunge la capo missione, è stata per il popolo albanese «l’apertura di una porta, il riconoscimento per tutti i diritti fondamenta-li, compresi quelli religiosi. Da lì la Chiesa albanese ha iniziato a guardare con speranza al futuro. La stessa speranza che ha portato papa Francesco con la nomina a cardinale di don Ernest Simoni, segno per tutte le Chiese e i sacerdoti del mondo che oggi soffrono la persecuzione». Non va dimenticato inoltre, la sua conclusione, «che il Vaticano ha avuto un ruolo importante per la rinascita dell’Albania ». Il popolo albanese ha fede solida e radici culturali spesso sconosciute ai più. Radici e lingua che papa Albani nei sui 21 anni sul soglio di Pietro ha concorso a custodire. «Un Papa dal giudizio storico complesso», sottolinea il presidente del Pontificio Consiglio della cultura, il cardinale Gianfranco Ravasi durante il suo saluto in sala Zuccari, ripercorrendo il suo pensiero nel rapporto tra cattolicesimo universale e cattolicesimo francese, come pure «il mecenatismo culturale che rendono questa figura meritevole di approfondimento anche per il suo contributo alla diffusione della cultura albanese e arbereshe ». Ecco perché è ancor più vero – il passaggio successivo del porporato – «quando si dice che “chi non ricorda non vive”, soprattutto in tempi smemorati in cui ci troviamo. Non viviamo in pienezza insomma se dimentichiamo le radici». Queste sono «le sorgenti che fanno sì che un popolo possa continuare a vivere ». Al cardinale, perché lo consegni a Francesco, è stata infine donata l’opera dell’artista albanese Franco Azzinari in cui è raffigurato l’incontro virtuale tra Clemente XI e Bergoglio con sullo sfondo la Basilica di San Pietro.

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Nella Sala Zuccari del Senato un incontro su papa Albani con la capo missione dell’ambasciata albanese presso la Santa Sede, Dodaj e il cardinale Ravasi. L’importanza dei viaggi di Giovanni Paolo II e Francesco

In un dipinto l’incontro virtuale tra Clemente XI e Bergoglio