La storia di Chiara: rinuncia alle cure per salvare il figlio

Gli diranno, quando sarà grande e potrà capire, che sua madre è morta per farlo nascere; gli diranno pure di non sentirsi in colpa perché questa scelta sua mamma la fece senza esitazione, e gli diranno ancora che il coraggio di questa scelta nasceva da una fede chiara, limpida e infinita. Francesco ha compiuto da pochi giorni un anno e non sa che questa mattina sua madre, Chiara Corbella, ai piedi dell’altare, nella chiesa di Santa Francesca Romana, avrà l’estremo saluto del suo papà, Enrico Petrillo, che ha atteso con la gioia di ogni padre la sua nascita, e degli amici che in tutti i mesi della lunga e difficile malattia hanno pregato per la sua guarigione. Quando sarà più grande, Francesco, potrà vedere sua madre in un video che, certo, gli conserveranno. Racconta commossa la storia difficile che ha vissuto senza mai rassegnarsi o disperare. Sua madre, quando è volata in cielo, aveva soltanto ventotto anni.
Lei ed Enrico si conobbero durante un viaggio a Medjugorje. Da quel giorno si intendono, si capiscono, si amano e vivono insieme un’intensa fede. Si sposano nel 2008 e presto assaporeranno la gioia dell’attesa. L’attesa di Maria, che verrà al mondo soltanto per mezz’ora. Quanti progetti per questa figlia! Le prime ecografie, però, mostrano una grave malformazione del feto. Maria ha una anencefalia, l’encefalo, cioè, non si è formato completamente. Se nasce, vivrà per poco. Chiara poteva abortire da subito, ma non lo fa. Vuole, anzi vogliono Maria. Che nasce e lei può tenerla in braccio soltanto per mezz’ora. Poi vola in cielo: c’è stato soltanto il tempo per battezzarla. Ecco Chiara nel filmato che conserveranno per Francesco quando potrà capire. È un incontro delle Acli di Roma in una chiesa della Capitale. Le sta a fianco Enrico (vedi qui il servizio di Tv2000). Dice della gravidanza che non volle interrompere. Spesso la commozione prende il sopravvento, ma lei poi la tiene a bada. «Il Signore – dice – mette la verità in ognuno di noi e non c’è possibilità di fraintendere». Ricorda il momento che Maria viene alla luce, e spiega: «Se avessi abortito, non penso che avrei ricordato quel giorno come giorno di festa. Invece ricordo la gioia di quel giorno quando è nata». Questa gioia di essere mamma pensa di conservarla per tutta la vita. Aggiunge: «Alle mamme vorrei dire che conta il fatto di avere avuto il dono del figlio, non il tempo che ci è riservato di stare con lui.» Quella mezz’ora pensa di ricordarla tutta una vita, che però sarà breve. Presto è di nuovo incinta. Aspettano Davide. Ma è ancora una ecografia a dire che al bambino mancano le gambe. Nessun dubbio. Nascerà così. A questa malformazione del feto si aggiunge poi un’altra grave anomalia. Nasce e vivrà per poche ore anche Davide. Il terzo, Francesco che è nato, è invece sano. L’ecografia questa volte non è una sentenza di morte. È a Chiara, però, che verrà diagnosticato, al quinto mese di gravidanza, un carcinoma alla lingua. È messa stavolta davanti all’angoscia della scelta: curarsi e lasciare che Francesco muoia, oppure… Chiara, che non ha mai esitato e che con la preghiera ha sempre scacciato ogni angoscia, sceglie: porta avanti la gravidanza. «Poi – si dice – penserò a me». E Francesco nasce, quando subisce un secondo intervento chirurgico e inizia quel viatico difficile e duro che passa attraverso la chemioterapia per estirpare il cancro che, invece, si è fatto strada nel suo corpo e non andrà mai via. Un anno fa, l’ultimo referto, quello che non lascia speranze. Ma lei di speranza ne ha ancora e fa un gesto straordinario. Organizza un viaggio a Medjugorje per i parenti e gli amici. Massimiliano Modesti è tra loro. Ricorda quei giorni: «Fino all’ultimo ha avuto un pensiero per gli altri. È come se avesse voluto prepararci alla sua fine. Ma con questo addio volle dirci che non lasciava una sofferenza, ma un messaggio di vita a chi sarebbe rimasto». Lui dice che Chiara negli ultimi giorni si poneva la domanda: «Come sarà il Paradiso?» L’amico pensa pure che lo abbia in qualche modo intravisto; pensa che avesse afferrato tutto il suo splendore e avesse trovato così la forza di andarci senza paura. Perché la paura, nella sua breve vita, Chiara non l’ha mai conosciuta.
Giovanni Ruggiero – avvenire.it
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