La storia. Carlos França, goleador dell’anima

Un gol in rovesciata del centravanti del Potenza Carlos França (foto Tony Vece)

Un gol in rovesciata del centravanti del Potenza Carlos França (foto Tony Vece)

Duecentoventisette. Tante sono le reti che ha messo a segno da quando è approdato nel nostro Paese. Gol mai banali e spesso di rara bellezza che riflettono la sua profondità interiore. Carlos Clay França è oggi non solo il centravanti brasiliano più prolifico e continuo d’Italia, ma anche un autentico bomber dell’anima. Campione dentro e fuori dal campo, capace di infiammare già tante piazze del Nord, quest’anno con i suoi trenta centri ha fatto impazzire i tifosi del Potenza Calcio riportando la società lucana in Serie C. Numeri da fenomeno che sono valsi al 38enne attaccante verdeoro, cresciuto nel Santos, anche il Pallone d’oro. Poco importa che sia quello della Serie D: la classe non ha categorie. E anzi nel calcio di provincia, così lontano da interessi milionari, è più facile incontrare uomini veri prima che sportivi eccezionali.

Negli occhi dei supporter rossoblù del capoluogo della Basilicata è rimasta scolpita una perla del suo repertorio, la rovesciata vincente dello scorso ottobre contro il Cerignola (che ha avuto risalto anche sulle tv nazionali). Un’acrobazia che non ha nulla da invidiare a quella celebre di Carlo Parola sulle bustine Panini. E non è un caso se il ritratto di França è diventato oggi una gigantesca figurina sulle mura dello Stadio Viviani. Dappertutto a Potenza, nei bar e nei locali della città, c’è il poster con il suo strepitoso gesto atletico. Una foto che spicca anche nella vetrina di casa sua in mezzo a trofei e riconoscimenti di ogni genere: «Avevo già fatto altri gol in rovesciata – spiega Carlos – ma questa l’hanno paragonata addirittura a quella di Cristiano Ronaldo contro la Juve… È merito dei tifosi del Potenza se ha avuto grande risonanza. Qui ti fanno sentire un giocatore di Serie A».

Nella città in cui non c’è niente di più sentito della festa patronale di san Gerardo e del pallone, il cannoniere brasiliano è salito da subito sugli altari. Perché se ogni anno con la storica e suggestiva Parata dei Turchi i potentini rievocano la sventata minaccia saracena per opera del santo vescovo del XII secolo, Carlos è stato acclamato come il goleador “benedetto”: colui che ha posto fine all’inferno calcistico (otto lunghi anni nel calcio dilettantistico) do- po lo scandalo scommesse della vecchia società, le retrocessioni e i fallimenti. «Sapevo che il Potenza veniva da anni difficili e sono rimasto stupito dall’accoglienza incredibile già dal primo giorno. Si è creato un legame speciale con la gente. È stata la mia prima esperienza al Sud e devo dire che qui il calcio è seguito in maniera viscerale». Bomber con la valigia, ogni anno una squadra nuova, ogni anno una promozione in Serie C. Per Carlos questa è la quarta consecutiva dopo Cuneo, Lecco e Triestina dove lo ricordano oltre che per le reti (79 in 100 presenze) anche per la straordinaria umanità: «È ciò che mi inorgoglisce di più essere apprezzato come uomo prima che calciatore. È anche grazie a loro e ai tanti tifosi potentini che ho vinto il Pallone d’oro della Serie D che per me vale più di quelli di Ronaldo e Messi». Quest’anno però, per la gioia dei sostenitori del Leone rampante, França goleador senza età, che più invecchia e più diventa forte, ha deciso di andare avanti con la società del presidente Salvatore Caiata: «Abbiamo vissuto un sogno insieme e voglio continuare a sognare. Grazie a Dio riesco ancora a correre dietro i giovani di vent’anni e poi il mio sogno è chiudere la carriera in Serie B».

Ne ha fatta di strada il ragazzino venuto su a pane e rovesciate che si sente orgogliosamente anche italiano: «I miei bisnonni materni erano di Terni. E a Jaguariúna (San Paolo) sono cresciuto con le lasagne e i maccheroni della nonna». Ma ha pesato non poco la terribile scoperta fatta a 26 anni nel pieno della carriera: «Giocavo in Spagna, cominciai a sentire un dolore alla schiena che aumentava sempre di più. E perdevo anche sensibilità dalla parte sinistra. Dopo otto mesi in Brasile mi diagnosticarono un tumore che andava rimosso subito. I medici erano convinti che non avrei potuto continuare a giocare». Eppure nel momento più buio si è accesa una luce: «Grazie a Camila, che sarebbe diventata mia moglie, ho conosciuto Gesù e ho capito che da solo non potevo farcela. Mi sono affidato a Lui: “Mi hanno detto che sei il Dio dell’impossibile fai qualcosa per me, aiutami”. E Dio mi ha dato una seconda chance». Da allora è cominciata una nuova vita: «Mi sono sentito amato completamente e il vuoto che avevo dentro è sparito. I due anni di terapia post intervento sono stati molto duri. Ma decisiva è stata Camila e la mia famiglia. Soprattutto mio padre che mi ha sempre insegnato a non arrendermi. Lui operato quattro volte al cuore sin da giovane, veniva da una famiglia molto povera ma è riuscito a diventare chimico e professore d’educazione fisica non facendoci mai mancare nulla. La sua scomparsa qualche anno fa è stato uno dei giorni più tristi ma ho la pace nel cuore perché sono certo che anche lui ha creduto in Gesù e nella vita eterna».

Dalla consapevolezza di un dono all’inizio di una missione: «Da quando ho incontrato il Signore la mia vita ha un senso e uno scopo: il calcio è lo strumento per trasmettere lo stesso amore che ho ricevuto io. Anche a Potenza mi chiamano spesso in ospedale o nelle scuole, vado ovunque per testimoniare che nulla succede per caso. E che Dio si serve di noi anche solo per una parola o un abbraccio per confortare tutti. C’è una frase di san Paolo che è diventato il mio motto: “Tutto posso in Colui che mi dà la forza” (Fil 4,13)». Una svolta anche calcistica da quando incredibilmente è tornato in campo nel 2009 in Italia a Chiavari: Carlos che aveva sempre giocato terzino si scopre cannoniere grazie a mister Costanzo Celestini (ex giocatore del Napoli di Maradona).

Quasi dieci anni da top player nelle serie minori senza però mai giocare tra i professionisti. «Non ho rimpianti. La Serie C l’ho giocata in Spagna e Brasile e ora a Potenza. Nella mia vita non potevo chiedere dei regali più belli di mia moglie Camila e dei miei bimbi, Gianluca (7 anni) e Giulia (5 anni)». Camila che di cognome fa Bodini, anche lei italo-brasiliana (i suoi avi erano di Cremona), è stata calciatrice professionista e quest’anno ha contribuito alla nascita del calcio femminile a Potenza. «Suo padre è stato giocatore in Serie A in Brasile ed è grazie a suo fratello Cassiano, che ha giocato nell’Entella, se sono ritornato in Italia dopo una prima esperienza nel 2004». Uniti dal calcio ma soprattutto dalla fede cristiana (evangelica): «Vogliamo vivere secondo il piano di Dio. Noi crediamo tanto nella famiglia, un’istituzione divina oggi purtroppo sotto attacco: non ci sono più princìpi, ci si separa facilmente, è la strategia del Nemico. Ma il fatto che ci sono persone che ancora lottano per difenderla è segno che non possiamo mollare. Vedo mio figlio orgoglioso di me, gioca a pallone e vuole imitare la mia rovesciata. Sono felice ma vorremmo che i nostri figli più di tutto incontrassero Gesù, perché Lui ti cambia la vita».

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