La scomparsa dei bimbi (e della pedagogia)

Avvenire

C’è sempre un momento in cui i nodi arrivano al pettine. E così oggi ci scopriamo un Paese che ha un problema serio con i bambini. Ignorati e dimenticati, privati di rilevanza sociale, sono scomparsi dall’immaginario collettivo. Diventati invisibili e ridotti a un problema delle famiglie, perché la società ha smesso di farsene carico. È una noncuranza che arriva da lontano sebbene gli ultimi mesi, a cominciare dal lockdown, l’abbiano portata a galla drammaticamente e in modo imbarazzante. «Per i più piccoli l’isolamento è stato un drammatico inceppamento della crescita. Eppure per giorni e giorni, chiuse le scuole, le istituzioni non si sono occupate di loro. Dai tre ai sei anni, la condivisione del tempo nel gruppo è una necessità primaria, una tappa fondamentale per la competenza sociale. Chiusi in casa, allontanati da scuola, dai cortili, dai parchi, dai nonni e dai compagni, privati persino del diritto alla passeggiata, concessa in prima battuta ai cani e ai loro padroni adulti, i bambini sono stati mortificati nella loro voglia di crescere. Indicati persino e senza evidenze scientifiche come untori nella diffusio- ne del virus». Del resto neppure si sono visti pedagogisti tra i consulenti del Comitato tecnico scientifico. «I diritti degli adulti hanno prevalso su quelli dei bambini: le scuole hanno aperto per ultime, dopo i bar e i parrucchieri, i ristoranti e le discoteche».

Una denuncia vibrante quanto accorata sulla sparizione dell’infanzia dall’orizzonte culturale e sociale del nostro Paese, quella di Daniele Novara diventata un libro intitolato ‘I bambini sono sempre gli ultimi’ (Bur-Rizzoli, pagine 208; 16 euro), maturato proprio nei giorni del lockdown.

Quando è stato chiaro che «in nome della sicurezza venivano spazzate tutte le pratiche che definiscono la vita dei bambini e la loro cultura, privata di quelle esperienze che nella storia dell’umanità definiscono che l’infanzia è l’infanzia». Da oltre vent’anni però abbiamo smesso di considerare i bambini una priorità. «I bambini sono spariti in quanto tali. Le nascite in picchiata, le adozioni non sostenute e drammaticamente calate, le scuole dell’infanzia inadeguate numericamente. Abbiamo amministrazioni locali che investono nelle rotonde ma non hanno soldi per i nidi. Le educatrici prendono stipendi da fame, ma intanto lo Stato conta sull’attivismo dei nonni. Nel Paese che ha dato i natali centocinquant’anni fa a quel genio che è stata Maria Montessori, la pedagogia è scomparsa dalle università e ancora non si è pensato di rendere obbligatoria la scuola dell’infanzia». Da pedagogista però Daniele Novara non può essere pessimista. Pur presentando dati di realtà preoccupanti, questo è un libro di speranza che spinge a un’assunzione di responsabilità collettiva e a un cambio di rotta attraverso idee che possono suggellare una nuova alleanza tra le generazioni basata sull’ascolto. «Una società che non sa ascoltare e valorizzare la diversità infantile si appiattisce, schiacciata sull’incombenza. Non c’è futuro se non lo proiettiamo come sogno e desiderio sui bambini». Come diceva Danilo Dolci, si cresce solo se sognati.