La scelta di Azzurra: «Nel mio bar via le slot machine, dentro i libri»

«Il bar non lo sentivo più mio. Non era più il mio bar, ma di quelle macchinette. Così ho deciso di togliere le slot ma ci sono riuscita solo dopo due anni». È lo sfogo-denuncia diAzzurra Cerri, proprietaria del bar ‘Why not’ di Viareggio. Ora al posto dei due apparecchi e di un cambiamonete c’è una bella libreria. «Chiedo a tutti di portarmi libri. Mi porti un libro e ti offro un caffè. Facciamo eventi, l’ultimo un corso di scrittura creativa». E, piacevole risultato, «anche persone che prima giocavano alle slot mi portano libri. E sono contente». Insomma, dice soddisfatta, «funziona.Guadagno 7-800 euro in meno al mese ma ho riacquistato la tranquillità. E chi prima giocava con quelle macchinette è rimasto come cliente».
IMG-20160921-WA0013.jpg
Come è diverso ora quel bar. E nella memoria di Azzurra corrono ancora ricordi drammatici. «Vedevo molte donne, soprattutto anziane, pensionate, che si rovinavano. Dalla mattina alla sera per recuperare 200 euro». Ricorda quei colloqui con chi continuava a pigiare fino all’ultimo sui tasti maledetti. «Signora devo chiudere. E l’altra scoppiava a piangere: ‘Ancora un attimo, devo recuperare’».

Davvero quel bar le sembrava sempre meno suo. «Un signore entrava e senza dirmi niente andava ad accendere lui le slot che io tenevo spente. Altri venivano alla cassa per chiedermi soldi: ‘Azzurrina mi dai 10 euro?’. Altri ancora litigavano tra di loro, proprio per le slot. Restavano ore e consumavano solo un caffè».
IMG-20160921-WA0005.jpg
Nel frattempo le macchinette attiravano anche i ladri. «Ho avuto tre furti e uno tentato. E oltre a perdere i soldi che erano nelle slot mi toccava riparare saracinesche e porte sfondate». Un vero crescendo di problemi. «Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata quando un signore, che aveva perso molti soldi e forse aveva anche bevuto troppo, mi ha cominciato ad accusare dicendo che le slot truffavano e ha minacciato di chiamare la Guardia di Finanza. A quel punto ho deciso di non accenderle più, né di rispondere al telefono alle chiamate della società delle slot».
IMG-20160921-WA0007.jpg
Ma facciamo un passo indietro. Azzurra inizia l’attività del bar assieme a un socio. Le slot c’erano già. Quando il socio se ne va la ragazza decide di toglierle. «Pensavo fosse facile e invece… Mi hanno fatto vedere il contratto dove, piccolo piccolo, c’era scritto che in caso di rinuncia prima di dieci anni io avrei dovuto pagare 10mila euro. Allora sono andata al Suap (lo Sportello Unico per le Attività Produttive del Comune, ndr) per essere aiutata e invece lì mi hanno detto che era impossibile revocare le slot perché avrei dovuto chiudere la società e riaprirne un’altra». Ma Azzurra non molla. «Tenevo le macchinette spente, mettevo il cartello ‘guasto’. E loro mi chiamavano. ‘Azzurrina vediamo che le tieni spente. Attenta che pagherai le multe’. Mi minacciavano, mi insultavano».
IMG-20160921-WA0022.jpg
Azzurra tiene duro. E, come detto, dopo l’episodio del signore che voleva chiamare la Finanza, decide di non riaccendere più. «Continuavano le telefonate – loro non venivano mai – ma alla fine dopo cinque mesi mi tolgono le slot e non pago nessuna multa. In tutto ho dovuto aspettare due anni». Si sono più fatti vivi? «Non gli stessi. Qualcun altro è tornato alla carica. Mi hanno proposto di vendere sigarette e gratta e vinci. No. Piuttosto ci metto un muro…».
IMG-20160921-WA0008.jpg
Invece ci sono la libreria e gli eventi culturali. «Avevamo sbagliato, ci eravamo illusi del guadagno facile. Invece mi stavo ammalando. Ora sono contenta di quello che faccio, sono tranquilla. E spero che anche altri bar mi seguano. Già è successo ma dobbiamo essere tutelati nelle nostre scelte. Oggi non lo siamo. Non siamo liberi».

avvenire