La piaga dell’e-commerce umano. Il traffico di persone viaggia sulle rotte digitali

Bambini in una officina meccanica di Dacca, in Bangladesh (Ansa/Ap)

Una alleanza tra organizzazioni internazionali, forze dell’ordine, ong e grandi aziende tecnologiche contro l’e-commerce degli esseri umani. La ‘merce’ umana infatti sempre più si pubblicizza, si offre e si vende online. Da anni ormai il mercato della carne, quello della tratta per sfruttamento sessuale e lavorativo come quello dei migranti, si è spostato sulla rete, sia quella accessibile a tutti sia il cosiddetto dark web, la rete oscura di criminali e terroristi.

L’8 e il 9 aprile a Vienna l’Osce ha organizzato un confronto sull’apporto delle nuove tecnologie nel contrasto a un crimine sempre più remunerativo e a bande potenti. Chiamati da alleanza contro il traffico delle persone, voluta dall’Osce nel 2004, nella capitale austriaca alcuni colossi dell’industria delle comunicazioni hanno presentato app e pacchetti come il software per il riconoscimento facciale realizzati con la società civile, ong e organizzazioni internazionali. Perché, nonostante i progressi per contrastarli segli ultimi 20 anni, anche i trafficanti di corpi hanno dimostrato di saper approfittare delle innovazioni tecnologiche per adescare, controllare e sfruttare le vittime in maniera sempre più efficiente e su vasta scala.

Secondo l’Fbi nell’84,3% dei casi di traffico a scopo sessuale i trafficanti usano Internet per pubblicizzare le vittime ai clienti su vere e proprie piattaforme. In Asia centrale, dove si concentra più dell’80% di questi crimini, l’adescamento avviene sui social media, dove il fidanzatino o colui che promette a minorenni dei villaggi impieghi ben retribuiti è un bandito che con inganni e ricatti avvia le ragazze alla prostituzione. Spesso lo strumento di ricatto è un video girato in intimità all’insaputa dalla vittima che le gang minacciano di mettere in rete. In Europa e negli Usa le vittime vengono cercate sui social tra adolescenti fragili con problemi familiari.

Si calcola che la piaga dello sfruttamento lavorativo e la tratta riguardino 40 milioni di vittime. Per Valiant Richey, coordinatore della sezione dell’Osce che si occupa della lotta alla tratta di esseri umani, «l’uso distorto della tecnologia ha facilitato un livello di sfruttamento che fino a un decennio fa sembrava incredibile». Il quadro è ampio, va dalla tratta per lo sfruttamento sessuale e lavorativo al traffico di migranti. Ma la tecnologia è la salvezza di chi migra sulle rotte illegali. Se ha uno smartphone può comunicare via social media la propria posizione ad amici e parenti ed evitare cosi di finire nelle reti degli schiavisti.

Robert Beisler dirige Seattle against slavery. Ha lavorato molti anni in Microsoft e ha deciso, passando al non profit, di diventare uno dei pionieri della tecnologia nella battaglia contro le nuove schiavitù. Oggi la ong per individuare le vittime e gli annunci trappola per adescare ha stretto accordi con Facebook e si serve anche di Instagram. «Abbiamo anche elaborato – spiega – un software per identificare le vittime, azione estremamente importante. Spesso quest non hanno tempo di chiamare al telefono, possono solo mandare un sms. Usando un sistema di cloud Microsoft abbiamo migliorato. Prima riuscivamo a salvare 5 vittime all’anno, oggi 40».

Da quella esperienza si è ispirata Tech Against Trafficking, un progetto fondato da British Telecom ounding Microsoft e Nokia nel 2018. Il primo obiettivo che si è dato è la mappatura delle iniziative hi tech per combattere le schiavitù moderne entro fine 2019. Dai dati verrà sviluppata una strategia triennale che comprende il sostegno ai progetti più efficaci, come lo sviluppo di cloud e app per mettere in contatto velocemente gli operatori dei numeri verdi antitratta con la polizia e consentire la individuazione delle vittime. O la fornitura di smartphone e portatili alle ong per creare reti e banche dati globali.

Andrew Wallis della associazione britannica Unseen ha avviato una collaborazione con British Telecom per comvincere provider e aziende tecnologiche a diffondere su smartphone una app globale per consentire alle vittime di chiamare da una app l’helpline del Paese dove si trovano. Nokia da qualche anno è diventata la seconda rete di comunicazione al mondo. Anthony D’Arcy, che si occupa di responsabilità sociale, offre uno sguardo sul futuro: «Nel 2025 avremo 5 miliardi di utenti della telefonia mobile, 25 miliardi di sensori e 10 miliardi di connessioni. Banda larga e rete 5G ci permetteranno di avere dei super computer in tasca, l’Internet delle cose e l’intelligenza aumentata cambieranno la vita in un modo che neppure immaginiamo. Sono tutte opportunità per il contrasto delle nuove schiavitù da cogliere prima dei criminali».

avvenire