La parrocchia a Roma (e in Italia): pastorale, diritto amministrativo, diritto canonico

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“Roma: la Chiesa nella città”, nell’ultima puntata si è occupata di parrocchia. Lo ha fatto da tre punti di vista: pastorale, diritto canonico, diritto civile italiano. Tre gli ospiti: mons. Antonio Interguglielmi, vice direttore dell’Ufficio amministrativo del Vicariato, autore di un recente volume intitolato “Amministrare la parrocchia oggi in Italia” (Libreria Editrice Vaticana), manuale teorico-pratico con molti esempi e spiegazioni sui diversi aspetti del diritto civile italiano applicati alla parrocchia. Il secondo ospite è stato padre Damian Astigueta, gesuita, docente di Diritto canonico alla Pontificia Università Gregoriana. Il terzo è stato don Antonio Mastantuono, docente di Pastorale alla Pontificia Università Lateranense.

La trasmissione condotta da Fabrizio Mastrofini, in collaborazione con l’Ufficio delle Comunicazioni Sociali del Vicariato di Roma, mette in campo tre punti di vista sulla parrocchia: diritto civile italiano, diritto canonico, pastorale. “Roma: la Chiesa nella Città” è anche suFacebook con una pagina dedicata.

Mons. Interguglielmi rileva che il manuale da lui scritto ha lo scopo di aiutare i parroci nelle diverse incombenze di natura amministrativa e civilistica, cresciute di numero negli ultimi anni: dall’obbligo di rendiconto economico (anche a norma di Diritto canonico) alle normative sugli impianti che devono essere a norma (si pensi all’importanza del tema in relazione alle attività che si svolgono nei locali della parrocchia) fino ai lavori per la manutenzione straordinaria e via dicendo. La parrocchia – nota – “è un ente pubblico ecclesiastico riconosciuto civilmente. Quando accade qualcosa nell’oratorio, nei campi di calcio, nelle strutture in generale, il responsabile è il parroco e quindi su di lui si concentrano molteplici responsabilità”. Responsabilità per le quali non è detto ci sia stata una preparazione specifica. In seminario “non si insegna” ad amministrare la parrocchia. Ora si comincia a colmare questo vuoto e so – spiega don Interguglielmi – che in diversi seminari e diocesi si stanno approntando corsi specifici. “Molto delicato – aggiunge – è il rapporto con i laici, soprattutto in relazione all’utilizzazione dei volontari o quando si hanno dei lavoratori subordinati. In generale consiglio di non mascherare con il volontariato un vero e proprio rapporto di dipendenza. A volte nella segreteria parrocchiale troviamo delle persone, dei laici, al lavoro tutti i giorni per diverse ore ai quali si conferisce un rimborso spese. Non è una pratica corretta perchè il rimborso spese, per sua natura, deve appoggiarsi su dei giustificativi (scontrini, fatture e via dicendo) e non può servire per mascherare un lavoro subordinato. Molto meglio, per evitare problemi e contenziosi, fare un contratto regolare. Oppure utilizzare veramente dei volontari, delle persone pensionate o dei volontari veri e propri”.

Padre Astigueta affronta il tema della parrocchia e del rapporto con i laici – tema dei suoi corsi – dal punto di vista del Diritto canonico. Infatti quando partecipiamo alle attività parrocchiali o ci rechiamo a messa, o riceviamo dei sacramenti, non sempre pensiamo che ci troviamo in un ambito regolato anche dal Diritto canonico. “Il Diritto canonico – spiega – regola i rapporti sociali, come tutti i Diritti e di fatto lo si vive anche nella Chiesa quando ad esempio si riceve un sacramento. Anche se non pensiamo alle norme come primo elemento, pensiamo però ai valori sottostanti: la coerenza, la giustizia, la solidarietà. Nella Chiesa viene sempre vissuto lo spirito delle norme”. Quali sono i “diritti” dei laici? Ricevere la Parola, i Sacramenti, associarsi, l’apostolato, la formazione, il diritto ad esprimere la propria opinione”. E i doveri? “Conservare la comunione con la Chiesa, impegnarsi perchè il Vangelo venga proclamato, rispettare i pastori, rispettare gli altri, il diritto-dovere di educare religiosamente i figli”.

Il prof. Don Antonio Mastantuono dal punto di vista pastorale inizia le sue osservazioni notando di “sentirsi prima di tutto parroco più che professore. Per noi italiano la parrocchia è l’immagine del campanile, del sacerdote, una gestione affidata ad un prete, oramai con poche esperienze di gruppi di sacerdoti a gestire una parrocchia. Negli altri continenti – aggiunge, in riferimento ai suoi studenti provenienti da diverse parti del mondo – abbiamo esperienze diverse. In Africa la parrocchia è il centro del villaggio e poi tanti villaggi in un vasto territorio; in America Latina la parrocchia è intesa come comunità di comunità. Oggi di fronte al cambiamento la parrocchia può essere umile, ospitale, luogo di incontro, soglia. Sono le immagini che mi vengono in mente parlando di parrocchia”. “Se poi penso alla parrocchia in maniera specifica – aggiunge in un altro passaggio della conversazione – devo dire che si tratta di quella comunità locale primo luogo di incontro con la realtà della Chiesa. La parrocchia oggi può diventare una casa senza porte, aperta in modo tale che quanti sono all’interno possano uscire, sono anzi chiamati ad uscire. Poi naturalmente ognuno a partire dalla realtà e dal contesto in cui si trova, costruirà un modo specifico di agire ed essere comunità”.

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