La montagna, i nostri nonni e le verità della vita

Avvenire

Il vecchietto raccoglieva piccoli fiori di montagna dai colori tenui, quasi impolverati dal vento e li metteva in un sacchetto di iuta facendo attenzione a che non si sciupassero. Seduta su di un sasso, ormai stanca per la mia passeggiata, pensavo: cosa avrebbe fatto quell’uomo che portava gli anni sulle proprie spalle con visibile fatica, di quel mazzo ormai pesante per le sue spalle? Aspettai che seguisse la curva della strada e sparisse tra gli alberi del bosco per proseguire il mio sentiero e portare a termine il compito che mi ero data quel mattino: arrivare alla cima della montagna, che sembrava mi richiamasse, per sollecitare la mia vanità di ragazza coraggiosa, che aveva scommesso contro i propri amici di salire da sola fra le rocce dove non c’erano sentieri. La mia vanità, quindi, mi avevano portato a fare una scommessa: se avessi raggiunto la cima entro le prime due ore del pomeriggio, sarebbero venuti a prendermi con l’elicottero verso la metà della discesa dove c’era una piccola pianura. Amavo la montagna, i suoi odori che ti coprono dopo la pioggia, il suo duro profumo dopo un giorno di sole, e quel suo parlare con mille voci quando tu taci e ti fermi ad ascoltare. Cammina, cammina e non ti accorgi di quanta strada riesci a fare se ogni passo è un sospiro d’amore per la solitudine condivisa con l’aria, con il vento che ti portano voci passate, voci lontane. Non c’è fatica, non c’è dolore, ma solo un respiro più breve e veloce finché riesci a prendere piano quell’aria che non è tua, ma ti viene offerta da un dio potente che ti aspetta sulla cima. E mentre cammini ti accorgi che attorno a te salgono le altre montagne, scendono le valli più in fondo, si allontana la terra e un cielo di nuvole pare si avvicini con voce scura. Perchè hai osato tanto? Non è questo il tuo mondo. Cosa offri per conoscere questa potenza, come paghi questa bellezza senza confine? Dove è il tuo cielo profondo dove cantano le nuvole, il vento e il sole ? Dove è la tua preghiera per non cadere, per non perdere l’equilibrio, per conoscere la strada giusta, il punto del riposo e quello che richiede il tuo coraggio per ripararti dalla tempesta. Dove è il tuo amico anziano che hai lasciato solo a raccogliere gli ultimi fiori del bosco? Fra le sue mani c’era un foglietto di carta dove era segnata la tua strada, più facile e più giusta di quella che hai fatto tu. Ma non avere paura, è il nostro bravo nonno, quello di tutti che ci ama e ci perdona; che ci pettina i capelli spettinati dal vento, che ci offre i suoi fiori del prato e sorride per le nostre sciocchezze cui andiamo incontro senza saperlo. Il nonno che un tempo avevamo sulla poltrona del nostro salotto assieme alle storie che ci raccontava ricordava le verità della vita.