La Messa del silenzio

Non so bene quali radici abbia il proliferare della parola umana nella liturgia, che forse c’è sempre stato, ma proprio per il mutato contesto in cui viviamo oggi risulta essere più pesante, meno sopportabile, meno interessante.

fonte: vinonuovo.it

Viviamo in un contesto di continua e ininterrotta comunicazione; il flusso di parole e rumori è senza interruzione e ognuno di noi fa parte di una rete di connessione sempre più pressante.

In questo quotidiano abitato da tanta chiacchiera, sentiamo come oasi il momento della pace, del silenzio e della disconnessione. Un silenzio che però al tempo stesso ci fa paura, perché ci costringe a pensare e pensarci, a fare i conti seriamente con quanto viviamo; è una paura del silenzio che sembra troppo spesso aver invaso anche la Messa.

Non voglio qui parlare dell’omelia, di cui abbiamo già discusso in passato in un “tema del mese”. Ma mi pare esperienza comune che troppo spesso nelle nostre liturgie si parli molto, troppo, e a parlare è soprattutto il celebrante. Non raramente mi è accaduto di ascoltare ben quattro pensieri del sacerdote di turno: un’introduzione sul tema della domenica, l’omelia, una monizione prima del Padre Nostro e infine gli avvisi, con commenti e riprese dell’argomento del giorno.

Mi chiedo: che spazio diamo alla Parola? Che fiducia abbiamo nella Parola? Forse siamo caduti nell’errore di credere che senza continue spiegazioni, richiami, ammonimenti la Parola perda di efficacia?

O forse siamo vittime della tentazione, tipica di chi parla in pubblico, di credere che quello che abbiamo da dire sia fondamentale per l’uditorio, sia ‘salvifico’? O ancora: siamo forse sfiorati dal pensiero che chi ascolta, in realtà, non ci stia ascoltando veramente, per cui è necessario, come farebbe un professore un po’ noioso a scuola, ripetere quattro volte il messaggio per farlo arrivare a destinazione?

Non so bene quali radici abbia questo proliferare della parola umana nella liturgia, che forse c’è sempre stato, ma proprio per il mutato contesto in cui viviamo oggi risulta essere più pesante, meno sopportabile, meno interessante.

Mi viene in mente un passo di Evangelii Gaudium: «Non bisogna mai rispondere a domande che nessuno si pone» [155]. Ecco, spesso le nostre verbose liturgie sono, al contrario, fiumi di parole che rispondono a domande mai poste, parole che poco centrano il punto, forse perché ormai la varietà del fedeli presenti è amplissima, come le diversità di vita, esperienze, provenienze, formazioni.

Per questo, vorrei avanzare una proposta: come si va diffondendo la “Messa senza fretta”, che riserva un tempo abbastanza lungo alla meditazione personale e al confronto, perché non pensare a una “Messa del silenzio”?

Una Messa in cui tutto sia ridotto all’essenziale: pochi o assenti i canti, assenti introduzioni e monizioni varie, e assente l’omelia. E quando essa sia prescritta, come recita il Codice di Diritti Canonico (nelle domeniche e nelle «feste di precetto»), la Messa del silenzio lascerebbe spazio solo a un paio di domande nate dalla Scrittura e poste dal celebrante, seguite poi da qualche minuto di silenzio.

Non una Messa frettolosa, ma una Messa in cui i tempi siano gestiti con equilibrio, e dove realmente il silenzio sia presente come il respiro del momento.

Avremmo liturgie essenziali in cui far vibrare la Parola, in cui favorire il confronto tra la vita e il Vangelo, liturgie utili per condurre i fedeli a un ascolto personale, incidendo sullo strato di noia che spesso pervade l’assemblea.

Avremmo liturgie più brevi, di cui si salva ciò che conta (l’incontro con Cristo nelle Scritture e nell’Eucarestia), più adatte ai nostri ritmi di vita e probabilmente più feconde. Messe in cui non si guarda l’orologio continuamente, perché già sappiamo che non si dilaterà ‘ad libitum’ del celebrante. Perché oggi abbiamo tempi di concentrazione molto ridotti: una Messa del silenzio potrebbe venire incontro anche a questo fatto oggettivo. Chi di noi non ha mai ascoltato (o anche detto) frasi come: «vado a quella Messa perché è veloce?» Forse, dietro a tale discutibile ‘esigenza’ di fretta, si nasconde anche un bisogno di equilibrio e di silenzio, o un fastidio per troppe parole.

Qualche giorno fa proponevo di rivedere gli orari di apertura delle Chiese: unissimo a un orario più moderno la “Messa del silenzio”, forse faremmo un passo verso i cristiani di questo tempo e i loro bisogni spirituali.

Potrà anche essere faticoso, all’inizio, concederci del silenzio; ma «ogni sforzo aggiunge un po’ d’oro a un tesoro che nulla al mondo ci può sottrarre» (Simone Weil).

Il nostro tesoro, ci ricorda il Vangelo, è il luogo del nostro cuore ed è lì che può risuonare il mormorio leggero dello Spirito. Ma non deve essere soffocato dai rumori di troppe parole umane.