La lettera di papa Francesco ai sacerdoti. Ancora coraggio perché tutto è dono

da Avvenire

Santo Padre, stavolta ci hai colto di sorpresa; proprio non ci aspettavamo questa lettera nel cuore dell’estate. Grazie, perché ci vuoi bene e ci incoraggi ad andare avanti con gioia. Come uno speleologo sei sceso negli anfratti più reconditi dei nostri cuori di sacerdoti e li hai illuminati con luce di sapienza. Avevamo bisogno di questa lettera. È vero, gli scandali sessuali a danno dei minori, commessi da nostri confratelli, hanno ferito – insieme a te, Francesco, e al tuo predecessore Benedetto – anche noi. Abbiamo sofferto per le vittime, per i loro cari, per la Chiesa e per chi, a causa di questi obbrobri, ha smarrito la fede.

È vero, anche noi, tante volte, siamo stati derisi e offesi per questi peccati che non avevamo commesso. Dolore, vergogna, senso d’impotenza in quei momenti ci hanno travolto, avremmo voluto parlare, dialogare, chiarire, ma non sempre l’altro era disposto ad ascoltare. Era il momento della croce e noi abbiamo chinato il capo. Abbiamo ingoiato bocconi amari sapendo che era giusto che fosse così, siamo un corpo solo e se un membro soffre tutto il corpo ne risente. Abbiamo pianto, ma mai, nemmeno una volta sola, siamo stati sfiorati dal pensiero di tirare i remi in barca. Facciamo tesoro delle tue parole, Santo Padre, oggi e negli anni che verranno. La tua lettera va ad arricchire il tesoro della Chiesa, immenso e mai esplorato abbastanza.

Hai voluto scriverci in occasione del 160° anniversario della morte del Santo curato d’Ars, un prete singolare, un mistico, capace di rimanere ore nel confessionale e balbettare sull’Altare rapito dal Mistero. Un prete di cultura modesta ma incredibilmente saggio, un vero esperto dell’animo umano. San Giovanni Maria Viannej riempiva le sue giornate di preghiera e di carità e tu ci vuoi come lui, non nell’imitazione pedissequa delle sue azioni, alcune delle quali potrebbero essere datate, ma in quella della grandezza del suo animo. Hai voluto riproporcelo, per indicarci la strada sicura, per metterci in guardia dalle trappole sempre più insidiose presenti sul cammino sacerdotale. Tu, padre e confratello, che porti sulle spalle il giogo della Chiesa universale, ti preoccupi di noi. E ci commuovi. Ci hai parlato della gratitudine. Ancora una volta hai affondato il dito nella piaga. L’ingrato, infatti, è un uomo sempre insoddisfatto; non ride, non sorride, sa solo brontolare. Tutto gli è dovuto, di niente si sente responsabile. Il seguace di Cristo, al contrario, sa che tutto è un dono, un dono che si ripete a ogni ora del giorno, e davanti al quale non può che rimanere incantato. Ci vuoi coraggiosi.

Ogni tempo ha avuto i suoi idoli, quello che viviamo non è da meno, e quando gli idoli si fanno minacciosi, intimidiscono, o, meglio, mettono alla berlina il prete e la sua fede in Dio, può anche accadere che il coraggio si dilegui. Il coraggio di cui tu parli, però, non è quello che proviene da un carattere forte, dalla presunzione o dalla giovinezza, ma dallo Spirito Santo, che, come ci ha detto Gesù, ci guida, ci difende, ci consola. Un coraggio che nasce dalla fede. «Io so in chi ho creduto», ripeteva a se stesso san Paolo nei momenti bui. E ci metti in guardia dall’accidia, quella «tristezza dolciastra» che ci svuota dentro, «il più prezioso elisir del demonio» ci hai ammonito, citando Bernanos. Non potevi concludere, Santo Padre, senza ricordarci l’importanza di Maria nella vita della Chiesa. Da lei abbiamo imparato e ancora dobbiamo imparare tanto.

Come ogni generazione anche la nostra ha il dovere e l’onore di dirla beata. È madre di tutti, ma ci piace pensare che per noi preti ha uno sguardo particolare. «Com’è bello vedere un prete con la corona in mano», mi ha detto un giorno una donna incontrata per la strada. Il Rosario, la preghiera dei poveri, degli umili, di quelli che nemmeno sanno leggere. La preghiera che accomuna colti e analfabeti, ricchi e poveri, bianchi e neri. A lei, la mamma che tanto somiglia alle nostre mamme, prima, vera discepola di suo Figlio, chiediamo la grazia di sostenere il nostro ministero sacerdotale. E non smettiamo di implorarla per te, Padre santo, mentre conduci al porto sospirato la barca di Pietro in questo tempo così ricco di opportunità e d’insidie, di santità e di egoismi. Grazie, padre. Da un prete tra i tuoi preti.