La Chiesa non perda, oggi, il treno del rinnovamento

Parlare di due Chiese sarebbe improprio. La Chiesa che accoglie nel suo grembo “uomini di ogni tribù lingua popolo e nazione” è una. La unisce Cristo, via verità e vita. Sarebbe tuttavia egualmente improprio non riconoscere nella Chiesa cattolica due tendenze, due modi di sentire, che si traducono in due immagini di Chiesa, e atteggiamenti e modalità differenti di ‘stare nella Chiesa’ e incontrare il mondo moderno…

Spesso queste due immagini di Chiesa divergono in modo così significativo da alimentare tensioni all’interno della comunità ecclesiale. Da una parte c’è una visione di Chiesa saldamente ancorata alla dottrina, all’istituzione, che afferma con forza l’esigenza dell’autorità, ha un atteggiamento di diffidenza nei confronti dell’uomo moderno al quale ritiene di dover testimoniare una verità che è consapevole e orgogliosa di custodire.

È una Chiesa salda e compatta, che dona certezza e offre sicurezze a chi le si affida. Sa di avere una certa difficoltà di dialogo con il mondo, ma non per colpa sua: è il mondo, governato dal relativismo in campo etico, da un’endemica mancanza di valori e di riferimenti, che non sa aprirsi a Dio. Dall’altra parte c’è una visione di Chiesa che ritiene di sentire ancora il profumo del concilio Vaticano II. Meno amante delle strutture, meno disposta a giudicare il mondo con troppa facilità. Una Chiesa che si sente in cammino, anche di fronte alla verità. Non perché non riconosca il carattere oggettivo della verità, bensì perché ritiene che la Verità non sì identifichi con la dottrina, utile e necessaria, ma con la persona di Cristo.

Per questo è convinta che essa vada cercata giorno dopo giorno nell’incontro con la storia. Una Chiesa, insomma, che sa di essere semper reformanda. Chi pensa così la Chiesa, sente molto vicina a sé la figura di papa Bergoglio, le sue ripetute condanne del clericalismo, le sue parole di speranza, la sua fiducia nell’uomo, la consapevolezza più volte annunciata che la Chiesa di oggi va rinnovata, anzi, riformata se vuole davvero essere fedele a Cristo e formare cristiani contenti della propria fede. Questa visione di Chiesa non è afflitta dalla paura dell’uomo moderno, preferisce incontrarlo piuttosto che giudicarlo, sa che Dio semina le sementi del regno non solo nel terreno della comunità ecclesiale, ma con abbondanza anche nei solchi del mondo.

Queste due immagini di Chiesa confliggono tra di loro: da una parte sembra di assistere alla nascita di un uovo clericalismo, che offre sicurezza e riparo… dall’altra si avverte che il rinnovamento conciliare, a cinquant’anni della celebrazione del Vaticano II, ha subito e continua a subire ancora ritardi e timorose sospensioni.

Entrambe le immagini di Chiesa sono legittime: si tratta di capire quale delle due oggi risulti più fedele al Vangelo di Gesù e maggiormente capace di testimoniarlo in modo efficace alle donne e agli uomini del nostro tempo. Non si può certamente negare che la Chiesa che giunge al Vaticano II, fortemente radicata nell’istituzione, nella quale il laico cristiano era identificato come “colui che non appartiene al clero” e il compito di insegnare, guidare e decidere era affidato esclusivamente alla gerarchia, abbia formato cristiani ricchi di fede e spesso impegnati attivamente nella vita della comunità cristiana, pieni di speranza, consapevoli di essere in cammino verso la pienezza del regno di Dio.

Non si può, al tempo stesso, negare che oggi la Chiesa trovi notevoli difficoltà nel comprendere l’epoca nella quale vive ed entrare in dialogo con chi non crede. Non si può negare che le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa, soprattutto nel nostro Occidente, attraversino una crisi così grave da sembrare quasi irreversibile. E che, soprattutto i giovani, non percepiscano la bellezza e la convenienza dell’appartenenza a questa Chiesa.

Il conflitto tra queste due immagini di Chiesa si è fatto ancora più stridente con l’elezione al soglio pontificio di un Papa venuto “dalla fine del mondo”, Francesco. Saldamente radicato nella dottrina della Chiesa, egli parla continuamente della necessità che essa affronti la sfida che le sta di fronte: riformarsi per continuare a vivere e essere ancora fedele al Vangelo di Gesù, allo spirito del Vaticano secondo e all’uomo moderno.

Il suo pensiero – il filo rosso che da unità al suo magistero – spesso non è compreso. Il suo incessante invito a vincere le paure lasciarsi guidare dalla novità dello Spirito sembra da molti disatteso. Non pare del tutto ingiustificata la preoccupazione di quanti ripetono che l’attuale pontefice ha molti “nemici” all’interno della stessa Chiesa. Molti citano le sue parole, “dimenticando” quelle che invitano ad abbandonare i vecchi schemi, quelle che parlando del clericalismo come di un grande peccato e della necessità di superare l’attaccamento a strutture del passato…

Di fronte alle aperture del Papa assicurano che “nulla è cambiato” (e nulla cambierà). C’e insomma, l’’ansia di ‘normalizzare’ il ministero dell’attuale Papa. Altri invece scorgono in quelle aperture alcuni orientamenti per il futuro cammino della Chiesa. E d’altra parte è viva la tentazione di appropriarsi di quelle sue aperture in modo strumentale e rivendicativo, rischiando di diluire il Vangelo in mille compromessi.

E’ certo, comunque, che in questa stagione della storia, con questo Papa, si gioca la possibilità della Chiesa d’Occidente di riformarsi davvero!

Sandro Vigani
Tratto da GENTE VENETA, n.24/2016