La Chiesa e la riflessione teologica in rapporto dinamico con il mondo, con l’intera umanità e la sua storia

i Gerhard Ludwig Müller

Oggetto della teologia è la fede, testimoniata dalla Chiesa, nell’autorivelazione di Dio nella persona e nella storia di Gesù di Nazaret. Grazie a questa autocomunicazione di Dio “gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne hanno accesso al Padre nello Spirito Santo e sono resi partecipi della divina natura” (Dei Verbum, 2).
La fede è un atto di relazione personale dell’uomo con Dio, che si differenzia nella sua origine e nel suo compimento dalla pura e semplice presa di visione di un determinato stato di cose, quale quello che viene perseguito dalla ragione scientifica, ma al quale però è tuttavia possibile di venir rispecchiato, riflettuto, con l’aiuto di metodi scientifici e che può venir evidenziato nella sua globale relazione con la realtà, e in particolare con la questione della salvezza dell’uomo. Fede e ragione non si escludono reciprocamente. Sono due poli di una medesima realtà che si riferiscono reciprocamente, i quali rendono l’uomo capace di indagare e di conoscere l’ambiente come creazione, l’uomo come creatura, capace di indagare e conoscere se stesso e la sua essenza.
Nella nostra professione di fede c’è già il nucleo per un incontro con Dio orientato secondo la ragione umana. Ragione, ragionevolezza, non sono concetti inconciliabili con la fede, anche se proprio questa è sempre nuovamente l’accusa che tesi pluralistiche o relativistiche della modernità avanzano. La fede non è un’immaginazione soggettiva o addirittura puramente psicologica, ma è invece una concreta, oggettiva componente della realtà vitale umana. In quanto essere intellettuale l’uomo è concepito in modo tale che non nasconde Dio alla ragione. Un discorso di fede conforme alla ragione e una trasmissione dell’Evangelo argomentativa è inseparabile dal carattere dialogico della Parola di Dio: “Siate sempre pronti a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi” (1 Pietro, 3, 15).
Per pensare la fede il mondo ha bisogno di una ragione che non sia muta di fronte al divino. E nessuna ragione che si sia votata, asservita, ai dati ufficiali e alle leggi dei puri metodi delle scienze naturali potrà dedicarsi in maniera aperta, illimitata, alla questione di Dio. Se con “teologia” si intende in linea di principio lo sforzo scientifico per chiarificare la fede in maniera conforme alla ragione, per chiarificare la sua realizzazione storica e la sua pretesa ecclesiale come pure sociale di contribuire a dar forma alla società, c’è bisogno allora di una globale conoscenza dei nessi di teologia fondamentale e di storia dei dogmi e teologia sistematica, sulla base delle materie storico-bibliche come permanente rinvio alle positive affermazioni di fede nella Parola di Dio. Specialmente l’accenno alla Sacra Scrittura si trova nella Costituzione sulla Rivelazione del concilio Vaticano II Dei Verbum: “La sacra teologia si basa come su un fondamento perenne sulla parola di Dio scritta, inseparabile dalla sacra Tradizione; in essa vigorosamente si consolida e si ringiovanisce sempre, scrutando alla luce della fede ogni verità racchiusa nel mistero di Cristo. Le sacre Scritture contengono la parola di Dio e, perché ispirate, sono veramente parola di Dio, sia dunque lo studio delle sacre pagine come l’anima della sacra teologia” (n. 24).
Nutriti dallo studio della Scrittura la ricerca storica di sempre maggiori certezze e il lavoro globale contenutistico-sistematico vengono rinviati al presente svolgimento della vita cristiana, a martyria, leiturgìa e diakonìa come essenziali fonti teologiche di conoscenza. Per l’assioma “pensare la fede” l’intreccio delle singole discipline nell’insieme di tutti i trattati è altrettanto imprescindibile quanto il rapporto di reciproca inclusione e collaborazione con la prassi tipico della realtà vitale e della prassi ecclesiale. Nello scambio intimo tra queste dimensioni noi impariamo a pensare “e” a vivere la fede.

(©L’Osservatore Romano 21 febbraio 2013)