La Chiesa che verrà

di: Paola Zampieri (a cura)

chiesa dopo pandemia

Sul piano pastorale la questione è cruciale: quale forma di Chiesa sta facendo maturare la pandemia di Covid-19 in atto? Quali prospettive si aprono dentro questo tempo nuovo? La “Chiesa che verrà” è il tema che Dario Vivian, docente di Teologia pastorale, assieme ad Alessio dal Pozzolo, docente di Teologia fondamentale, metterà a fuoco in un seminario-laboratorio del ciclo di specializzazione in Teologia pastorale della Facoltà teologica del Triveneto nel prossimo anno accademico. La proposta si arricchirà del contributo di quattro teologhe, che approfondiranno alcune sollecitazioni: la crisi delle pratiche ecclesiali (Stella Morra); la percezione e le modalità di vivere il tempo e lo spazio (Lucia Vantini); la questione del genere (Simona Segoloni Ruta); i processi aperti dal cammino del sinodo amazzonico (Serena Noceti).

– Professor Dario Vivian, quale forma di Chiesa sta emergendo dalla pandemia?

Sta emergendo una forma di Chiesa che deve sempre più spiazzarsi. Si tratta infatti di fare Chiesa non nei luoghi e nei tempi abituali, ma là dove la gente vive. È la fine della civiltà parrocchiale, con tutto e tutti attorno al campanile.

– Quali sono le provocazioni che ci vengono dall’oggi?

La provocazione di un’aumentata indifferenza religiosa, che paradossalmente va insieme a una ricerca di spiritualità non intercettata dalle Chiese nelle loro forme istituzionalizzate. La Chiesa deve ritrovare una leggerezza evangelica, puntando all’essenziale.

– E le novità che questo tempo ha portato?

Siamo stati costretti a riflettere sulle nostre esistenze, sulla fragilità costitutiva di ogni essere umano immerso nel mondo, continuamente a rischio di morte, ma anche di vita. Questo può chiuderci maggiormente, come aprirci ad una fraternità solidale più intensa.

– Evidenziamo i processi di cambiamento in atto.

Già da tempo la modernità, e ancor più la contemporaneità, ha avviato processi di cambiamento nelle modalità di sperimentare le coordinate di tempo e di spazio. Nella rete e nel mondo dei social questo si fa eclatante. Il dove e il quando determinano il come delle nostre esistenze.

– Quali sono i passaggi che generano il divenire della Chiesa?

La Chiesa è in continua generazione. Questa ecclesiogenesi si plasma e si riplasma mediante le esperienze fondamentali, riconducibili a tre: ospitare la vita, senza giudizi e pregiudizi; narrare il vangelo, intrecciandolo con le nostre storie; celebrare il dono di grazia, non solo nelle chiese, ma nelle case e nei vari luoghi di vita.

– Quali prospettive oggi si aprono?

Sarà lo Spirito a dircelo, nella misura in cui sappiamo fare una lettura di fede del nostro tempo. Gesù osserva che la messe è molta nel campo del mondo, si tratta di non lasciarne cadere i frutti, ma di coglierli e accoglierli. Il regno di Dio va oltre la Chiesa e apre a orizzonti larghi.

– Come agire per non sprecare queste opportunità, dando luogo alla Chiesa che verrà?

Rilancio quanto ripete spesso papa Francesco. Anzitutto non occupare spazi, quasi dovessimo riconquistare quanto perduto, ma condividere e accompagnare processi, anche quelli di cui non siamo i titolari. Poi pensare in grande e agire in piccolo, secondo la logica glocal adatta ai nostri tempi. Già il teologo De Lubac diceva: la mia parrocchia è il vasto mondo!

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