Italia dimenticata. L’abolizione delle Province sta desertificando la montagna

La montagna brucia e le riflessioni si dividono fra le colpe dovute all’incuria e quelle dei balordi. In Valsusa ci vorranno più di dieci anni per ricostruire, ma la sensazione è che non tutto sia più come prima. Chi abita la montagna non ha più la forza di gestire il bosco, di pulirlo e poi manca la massa di abitanti che un tempo teneva a bada le emergenze. Nello scorso week end sono stato in quella Valsassina dominata dal monte Resegone, sopra Lecco, a vedere i tramonti rossi della sera. Ma i paesi sembravano spettrali: poca gente, nonostante una giornata di sole, bellissima. L’inverno da queste parti è sempre più triste, dicono gli anziani, che non vedono più il flusso turistico di un tempo, quel via vai di milanesi che portavano i danée. Eppure le strade sono più comode e veloci di pochi anni fa, ma è venuto a mancare l’anello forte dell’amministrazione di prossimità, la Provincia. Sono state abolite le Province, ma forse no, secondo il solito equivoco all’italiana; in ogni caso sono incapaci di intervenire capillarmente, di promuovere un territorio, di occuparsi della cosa pubblica come si dovrebbe. Con la scusa del risparmio si è incentivata la desertificazione della periferia e anche della montagna. E nessuno vuole prendersi carico di una situazione che balza agli onori delle cronache solo quando nevica, si incendia un bosco o accade una tragedia. La signora che vende il taleggio non ti parla più di qualità del latte, alpeggi e curiosità intorno al suo prodotto che rimane sempre buono. Non fa più racconti: si lamenta. Ma i giovani che hanno aperto il “Pan Cafè” a Moggio Valsassina vendono le torte a fette, buonissime, e ti compongono una torta con sei tipi diversi. E sono pieni di gente, dalla mattina alla sera. Anche Michela e Stefano del “Faggio Rosso” di Baiedo di Pasturo hanno investito in un locale tutto nuovo, che ora festeggia i 10 anni. Ha l’ambiente di una baita con la stube dove servono polenta e cervo in salmì, pizzoccheri e scapinasc, ma fanno anche la pizza. Attilio Locatelli, che ha creato la cascina Coldognetta a Barzio, ha messo in rete una serie di aziende agricole e nel suo agriturismo i prodotti sono biologici e delle cascine intorno. Cosa ha mosso queste tre micro-imprese, lontane dai riflettori della città o del lago, se non un attaccamento alla propria terra? Anche se non basta, perché ciò che li accomuna è la distinzione qualitativa. Solo qui puoi trovare quei sapori, quel clima, quel silenzio. Ma chi promuove la loro impresa? Chi li indica come esempi virtuosi che andrebbero imitati? L’appello di questa settimana è impegnativo: la montagna è dimenticata da troppo tempo e l’azzeramento dei livelli intermedi non fa che accelerare una morte annunciata. È questa l’Italia che vogliamo?

Avvenire