Il blitz del rais divise gli arabi. Oggi democrazia e terrore
Deluso dal governo di Riad che aveva appoggiato gli Stati Uniti Benladen scelse la lotta armata
DI CAMILLE EID – avvenire 1 agosto 2010
Deve essere stata propria una brutta sorpresa per i kuwaitiani svegliarsi quella mattina e trovare l’esercito iracheno pattugliare le vie della loro capitale. Sorpresa lo fu anche per il resto del mondo, messo davanti al fatto compiuto, nonostante i segni premonitori che si erano moltiplicati prima di quel fatidico 2 agosto di vent’anni anni fa. Una svolta per il Medio Oriente da allora sempre più frantumato in fazioni sempre più ferocemente contrapposte: fu per le ripercussioni a catena innescate dal conflitto che un allora giovane emiro, Osama Benladen, si decise a “perfezionare” al-Qaeda.
L’Iraq sollevava da tempo diverse accuse contro il Kuwait, compresa quella di avergli sottratto del petrolio durante gli anni della guerra contro l’Iran, ma nessuno si aspettava quell’epilogo. Alle due del mattino, circa 10mila soldati iracheni, fra cui 30mila membri della forza d’elite della Guardia Repubblicana, avevano attraversato il confine nord dell’emirato incontrando scarsa resistenza. Alle sette del mattino gli iracheni occupavano già Kuwait City, dopo che l’aviazione aveva bombardato i punti chiave della città, mentre l’emiro del Paese, Jaber al-Ahmad al-Sabah, e il suo governo fuggivano in Arabia Saudita.
La popolazione irachena apprese la notizia dalla radio ufficiale. Questa fece credere che si trattava di un colpo di stato interno al Kuwait piuttosto che di un’invasione, dell’inizio di un nuovo Stato repubblicano piuttosto che dell’annessione all’Iraq. «O grande popolo dell’Iraq, perla della corona degli arabi. Dio ha aiutato i migliori tra gli onesti a rovesciare il regime traditore del Kuwait. Questi hanno fatto appello alla leadership dell’Iraq per avere un aiuto e il Consiglio del Comando della Rivoluzione ha deciso di rispondere alla richiesta del libero governo provvisorio del Kuwait».
L’invasione del piccolo emirato segnò la fine ingloriosa di quanto restava del panarabismo mentre la Lega araba mostrava le sue fratture dilanianti e la sua impotenza a farvi fronte. A fianco del Kuwait si schierarono i governi di Egitto, Siria e Arabia Saudita, mentre quelli di Giordania, Libia e Algeria si rifiutarono di condannare esplicitamente la mossa di Saddam. La decisione presa dallo Yemen al Consiglio di Sicurezza dell’Onu di astenersi dall’appoggiare le dure sanzioni economiche e commerciali contro l’Iraq gli costò l’espulsione di diverse centinaia di migliaia di lavoratori yemeniti dall’Arabia Saudita. La stessa sorte sarebbe toccata, dopo la liberazione del Kuwait e il rientro dell’emiro, a centinaia di migliaia di immigrati palestinesi. La loro colpa? La posizione dell’Olp che, pur avendo condannato l’invasione, aveva cominciato a tentennare dopo il ‘linkage’ offerto da Saddam: ritiro iracheno dal Kuwait in cambio del ritiro israeliano dalla Cisgiordania. Al vertice arabo del Cairo solo una risicata maggioranza si impegnò a dislocare unità militari lungo la frontiera tra Iraq e Arabia Saudita. Ma Riad aveva già sollecitato – e prontamente ottenuto – l’assistenza militare degli Stati Uniti.
Decisione, questa, che segnò la metamorfosi di quella che sarebbe diventata l’organizzazione terroristica più famosa al mondo: al-Qaeda. Osama Benladen, fino ad allora rampollo della famiglia reale saudita, proponeva di organizzare un corpo di difesa civile all’interno del regno per evitare che il sacro suolo saudita, che custodisce i luoghi santi dell’islam, fosse profanato dalla presenza di truppe ‘infedeli’ americane.
Un’ultima constatazione riguarda i mass media. Fulminea com’era, l’invasione del Kuwait non ricevette la sua dose di copertura immediata. Ma da lì a pochi mesi sarebbe iniziata l’era della guerra in diretta. Saddam Hussein aveva autorizzato una unica tv satellitare, la più organizzata d’allora e non a caso americana – la Cnn – a trasmettere da una Baghdad sotto assedio. Era nel suo interesse mostrare al mondo le vittime civili dei bombardamenti per provocare reazioni di piazza in Occidente e mettere in moto un effetto Vietnam. Anche questo suo calcolo risultò sbagliato.