Io credo, oggi. In un solo Dio

L’impostazione del Credo è verticale: parte da Dio e arriva sino a noi. Si coglie subito una “gerarchia delle verità” che, come insegna il concilio Vaticano II (vedi Unitatis redintegratio 11) costituisce un criterio ermeneutico della massima importanza per una riflessione teologica seria.
Questo criterio lo dobbiamo applicare anche nel riflettere sul Credo, come del resto esso vale anche per i comandamenti. Tuttavia, pare a me, ogni articolo del Credo sta in stretta connessione con tutti gli altri in modo tale che uno illumina gli altri e questi sono illuminati da quello.

È in questa prospettiva che iniziamo l’analisi e la meditazione dei singoli articoli del Credo che, come già detto, commenteremo alla luce di alcune pagine della Bibbia.

Io sono il Signore, Dio tuo.

Se noi osiamo professare la nostra fede in un unico Dio, lo possiamo fare semplicemente perché lui per primo ci si è rivelato come tale. Lo leggiamo in Esodo 20,2-3: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non avrai altri dèi di fronte a me».

Notiamo come il decalogo, ovvero le “dieci parole” che Dio affida al suo popolo, inizia con una chiara affermazione dell’unicità di Dio, seguita dal cosiddetto “prologo storico”. In esso Dio, prima di chiedere a Israele ciò che deve fare, afferma ciò che egli ha fatto per il suo popolo. Qui si palesa l’arte pedagogica di Dio nell’educare il suo popolo. Israele ha piena coscienza di essere il popolo eletto dal Signore per affermare e tenere viva questa fede nell’esistenza di un unico Dio. Questa fede, pur tra mille infedeltà, Israele l’ha conservata di generazione in generazione e noi, ancora oggi, la professiamo e riconosciamo di averla ricevuta da Israele, il popolo eletto.

Io credoAffettuosa è l’Ave Maria di Desdemona (Jennifer Sue Johnson e William Hall jr).

(foto © KLAWITTER PRODUCTION / CORBIS(.

Il messaggio del profeta Isaia.

Una delle caratteristiche del profeta Isaia consiste nella reiterata affermazione dell’unicità di Dio. Ovviamente egli si sentiva in dovere di reagire con estrema fortezza alla pratica dell’idolatria, che caratterizzava la religiosità dei popoli pagani e costituiva pure un pericolo tremendo per il popolo di Dio. Ma Isaia intendeva pure educare il popolo d’Israele nella massima fedeltà alla religione Jahvistica. Il richiamo all’unicità di Dio costituisce il motivo principale della predicazione profetica di Isaia: «Volgetevi a me e sarete salvi, voi tutti confini della terra, perché io sono Dio e non ce n’è altri. Lo giuro su me stesso, dalla mia bocca esce la giustizia, una parola che non torna indietro: davanti a me si piegherà ogni ginocchio, per me giurerà ogni lingua» (45,22-24).

Qui torna conto riflettere brevemente sull’idolatria, un peccato al quale l’Israele storico ha pagato un forte tributo. Quando infatti Israele aveva la sensazione di essere stato abbandonato dal suo Dio allora si fabbricava idoli, ai quali ricorreva per varie necessità. Ma Israele sapeva benissimo che quelli non erano veri dèi: ciononostante la bramosia delle cose, la sete di potere e la fame di successo hanno spesso fatto deviare il popolo eletto dalla retta via. Non è forse questa la situazione nella quale ci troviamo anche noi? Con una aggravante: proprio mentre professiamo la nostra fede in un unico Dio, di fatto poi adoriamo altri dèi e a loro ci prostituiamo.

Denaro

Conoscere l’unico vero Dio.

«Questa è la vita eterna: che conoscano te, unico vero Dio, e colui che hai mandato Gesù Cristo» (Gv 17,3).

Per l’evangelista Giovanni ma, in genere, per la Bibbia il verbo “conoscere” non indica solo una conoscenza astratta ma implica una esperienza personale. In questa linea siamo avvertiti che un atto di fede autentico non consiste nell’accettare un grappolo di verità,ma implica adesione personale a colui al quale rivolgiamo il nostro atto di fede. Affermando che «questa è la vita eterna», Gesù apre orizzonti sconfinati alla nostra professione di fede: noi crediamo nel tempo ma aperti al mondo che verrà; noi crediamo oggi in vista del domani; noi crediamo sull’autorevolezza delle parole di Gesù in attesa di quella vita beata che ci sarà donata in cielo. Anche per Gesù dunque, l’unicità di Dio costituisce la prima verità da professare: essa infatti sta al centro della sua predicazione come pure in cima alla sua preghiera.
Nello stesso tempo Gesù associa la sua missione come verità da professare allo stesso modo che l’unicità di Dio. Questo rilievo ci porta a riflettere sull’unità dell’atto di fede: chi crede non può separare una verità dall’altra, ma con uno stesso atto di mente e di cuore non può non abbracciare tutto ciò che Dio, nella sua infinita bontà, si è degnato di farci conoscere.

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mons. Carlo Ghidelli – vita pastorale novembre 2012