Inversione: per certi “laici” il matrimonio è come una coppia di fatto

Nelle prime settimane di quest’anno non sono mancati interventi sul “dovere” dello Stato di provvedere a riconoscere le coppie di fatto, comunque fatte. Ne hanno scritto Chiara Saraceno su La Repubblica (lunedì 6), Pierluigi Castagnetti su Europa (quotidiano del Pd, martedì14) e Stefano Passigli su La Stampa (mercoledì 15). Colpisce che anche una persona come Castagnetti, politico dalle forti radici cristiane, si spenda per le “unioni civili”, perché – afferma – non saranno quelle «a indebolire la famiglia» e perché «la politica non è un terreno moralmente agnostico, ma neppure una cattedra etica da cui si impongono convinzioni e scelte confliggenti con i diritti fondamentali ai cittadini». Come si fa a dire che non «indeboliranno» se le proposte in campo questo oggettivamente fanno? Sorvoliamo, poi per ragioni di ovvietà e spazio, sulla scarsa “etica” della politica e fermiamoci su quei “diritti”, che tutto sono fuorché tali e “fondamentali”. È assurdo un “diritto” di sposare una persona del medesimo sesso tanto più che, con gli istituti giuridici attuali, è possibile ogni garanzia per una vita comune di chiunque in una “formazione sociale” (art. 2 Cost.). Sarebbe assurdo anche che lo Stato desse le garanzie del matrimonio a chi non vuole o non può sposarsi, ma anche che costoro ottenessero tutti gli aspetti del matrimonio meno il nome e senza dover dare garanzie circa le proprie finalità, stabilità e perennità. Passigli, professore di Scienza della politica, si rifà alla «visione laica» del matrimonio come «unione civile fondata su di un contratto tra soggetti titolari di uguali diritti e doveri»: dunque coppia di fatto uguale sposi, anche omosessuali. Davvero nessuna squalifica del matrimonio e nessuna «inimicizia tra famiglia e diritti», come scrive la Saraceno, che a Torino insegna Sociologia della famiglia? Ma, soprattutto se si tratta di matrimoni o similmatrimoni gay, queste unioni non darebbero allo Stato ciò che allo Stato più interessa, cioè l’elemento base della società, i nuovi cittadini “mantenuti, istruiti ed educati” come prescrive la Costituzione (art. 30) e, almeno nel caso dei matrimoni cristiani, l’impegno di una durata a vita.

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