Intervista ad Andrea Riccardi. Cattolici in politica

Per un cattolico ci sono dei valori di fondo che non possono passare in secondo piano. In questo momento di crisi economica, è una priorità occuparsi delle famiglie, degli anziani: non fu creato un fisco a misura di famiglia, e ora si vede. Le diverse appartenenze sono una ricchezza.

Per anni corteggiato a destra e a sinistra, il 16 novembre 2011 Andrea Riccardi aveva detto il suo sì a Mario Monti, entrando a far parte del governo con la carica di ministro (senza portafoglio) per la cooperazione internazionale e l’integrazione. Romano, classe ’50, ordinario di storia contemporanea presso la Terza università degli studi di Roma, esperto del pensiero umanistico contemporaneo, Riccardi è noto soprattutto per essere stato il fondatore, nel 1968, della Comunità di Sant’Egidio. Oltre che per l’impegno sociale e i numerosi progetti di sviluppo nel Sud del mondo, l'”Onu di Trastevere”, come viene chiamata, è conosciuta per il suo lavoro a favore della pace e del dialogo. È stato insignito di molti premi internazionali, tra cui il Premio Balzan 2004 per l’umanità, la pace e la fratellanza fra i popoli.

Il cardinale Bergoglio in visita alla sede della Comunità di Sant'Egidio di Buenos Aires (foto ANSA / COMUNITÀ SANT'EGIDIO).

Il cardinale Bergoglio in visita alla sede della Comunità di Sant’Egidio di Buenos Aires (foto ANSA / COMUNITÀ SANT’EGIDIO).

Professore, cattolico politico o politico cattolico? Quale definizione preferisce e perché.

«Mi piace “cattolico appassionato di politica”. La “passione” per la politica, una politica che guarda al bene comune, si è persa negli ultimi anni, tra interessi “particolari”, lotte di potere, scandali e vere e proprie ruberie».

Cosa significa per lei la “laicità” nell’esercizio della politica?

«Significa, ma non mi sembra di dire nulla di originale, saper distinguere – senza separare – tra il piano della fede e quello della politica. Sapendo che lo Stato e la Chiesa concorrono, nei rispettivi ambiti, per la promozione del bene comune».

L’Italia (i suoi governi e le forze politiche) viene accusata di subire l’ingerenza della Chiesa cattolica, anche nelle sue scelte legislative. Cosa ne pensa?

«C’è in Italia una storia secolare della presenza della Chiesa la cui influenza è stata, nel tempo, favorita, contrastata, combattuta, ridimensionata. Certo, in Italia c’è una cultura impregnata di cattolicesimo, ma oggi il popolo vota liberamente, sceglie i suoi rappresentanti in Parlamento. La Chiesa nell’Italia pluralista di oggi è una voce decisiva, un grande riferimento morale, una fonte viva d’ispirazione per cattolici e laici. Ma non mi pare disponga di “truppe” o di mezzi capaci d’imporre volontà a governi, partiti o al Parlamento».

Spesso l’etichetta “cattolico” viene usata per indicare dei temi sensibili che per alcuni dovrebbero portare direttamente alla costituzione di un nuovo partito “cattolico”. Lei cosa ne pensa?

«I tempi per il partito cattolico non ci sono più. Peraltro la stessa Democrazia cristiana – il partito nel quale ha militato la maggioranza dei politici cattolici italiani – rifiutava l’etichetta di partito confessionale, definendosi partito laico d’ispirazione cattolica. E così il Partito popolare di Sturzo, da lui descritto come “aconfessionale”. Da molti anni la scelta dei cattolici è pluralista anche se in alcune aree c’è una concentrazione maggiore».

Quali sono a suo parere i temi che un politico cattolico dovrebbe avere come priorità?

«Per un cattolico ci sono dei valori di fondo, penso alla difesa della vita dal suo concepimento alla morte naturale, i valori della famiglia e della pace, che non possono mai passare in secondo piano. In questo momento di grave crisi economica, ritengo una priorità occuparsi delle famiglie, specie quelle numerose, che sono diventate dei veri e propri ammortizzatori sociali e che stanno soffrendo parecchio per via di scelte economiche ultradecennali, che non ne hanno mai valorizzato l’importanza fondamentale all’interno della società. Collegato con questo, c’è il tema degli anziani. La società invecchia, i costi per l’assistenza vanno alle stelle. Bisogna favorire il più possibile la permanenza degli anziani nella loro casa, vicino alle loro famiglie».

Guardando alle ultime legislature, quali le sembrano le occasioni che, tenendo presenti i temi di cui sopra, sono state sprecate o sbagliate?

«Stiamo attraversando un momento di crisi e ci siamo dannati, durante il governo Monti, per trovare qualche risorsa per le famiglie. Il grande rammarico è che nei periodi in cui le risorse c’erano non c’è stata la lungimiranza necessaria per costruire un fisco a misura di famiglia».

Il pluralismo culturale e religioso in che misura interpella il Parlamento e il governo italiano? Quali sono le scelte che, nell’ambito a lei più caro, andrebbero prese?

«Stiamo andando, necessariamente, verso una società in cui dovranno convivere culture, etnie e religioni. Bisogna lavorare fin da ora sui temi dell’integrazione, se vogliamo che il domani sia un domani di convivenza e di serenità. Durante il mio incarico di ministro ho insediato la Consulta religioni, cultura e integrazione, con i leader religiosi delle comunità immigrate presenti in Italia. È stata un’esperienza significativa e feconda: i leader religiosi sono molto influenti presso le loro comunità e il dialogo continuo, tra loro e con le istituzioni, ci ha aiutato molto a mettere a fuoco problemi, idee e proposte».

Durante la recente esperienza politica il fatto di essere essere cattolico in che misura ha pesato?

«In ogni decisione pesa la propria appartenenza, la propria storia, la propria esperienza. Ma le diverse appartenenze sono una ricchezza, non degli steccati. Nel governo Monti c’erano ministri di diverso orientamento. Abbiamo condiviso idee, proposte e impegni non sulla base dell’appartenenza, ma su quella dell’interesse nazionale».

Che tipo di riconoscimento dovrebbero avere le coppie di fatto?

«Per me il matrimonio resta un’unione tra una donna e un uomo. E anche per la nostra Costituzione la famiglia è fondata sul matrimonio. La difesa della famiglia non significa negare che nella società di oggi ci sono altre forme di convivenza. Penso per loro a soluzioni equilibrate, nel campo del diritto civile, dell’assistenza sanitaria, e così via».

Ha un politico, italiano o straniero, come riferimento nel suo impegno?

«Mi sto interrogando molto in questi ultimi anni intorno all’attualità di una grande figura come Alcide De Gasperi».

Vittoria Prisciandaro vita pastorale aprile 2013