Interventi di primati ortodossi dopo l’adozione di una legge in Montenegro. Per la libertà di religione


L’Osservatore Romano

(Giovanni Zavatta) Divisi sulla questione del riconoscimento dell’autocefalia di una nuova chiesa in Ucraina, i principali Primati ortodossi hanno trovato unanime intesa in queste settimane nel criticare la legge sulla libertà di culto e sullo statuto giuridico delle comunità religiose approvata il 27 dicembre dal parlamento montenegrino ed entrata in vigore l’8 gennaio. essa prevede, fra l’altro, il sequestro e il trasferimento allo stato dei beni di cui le chiese non sono in grado di attestare con adeguata documentazione la proprietà antecedente al 1° dicembre 1918, ovvero prima della costituzione del Regno dei Serbi, dei croati e degli sloveni, comprendente anche il Montenegro che al termine della Prima guerra mondiale aveva perso l’indipendenza. tra gli immobili e i terreni (circa 650 i siti interessati) figurano il famoso monastero di Ostrog, incastonato in una parete rocciosa e meta di continui pellegrinaggi, e numerosi santuari.L’adozione del provvedimento ha scatenato le proteste del principale partito di opposizione e soprattutto dei fedeli e del clero affiliati alla Chiesa ortodossa serba — a cui attraverso il metropolita del Montenegro e del Litorale, Anfilochio, arcivescovo di Cetinje, appartiene la giurisdizione ecclesiastica sul paese balcanico — che hanno definito il testo «discriminatorio» nei loro confronti.
Nella capitale Podgorica ci sono stati scontri fuori dal Parlamento e un vescovo sarebbe stato percosso dalla polizia, provocando il duro intervento del patriarca serbo Ireneo. Quest’ultimo ha invitato le autorità montenegrine a riflettere sull’opportunità della legge, tenendo conto anche della reazione contraria di gran parte della popolazione: «La gente è pronta a difendere i suoi santuari storici, anche se credo che non si arriverà fino a questo punto. Nel tal caso, ignoro quali nefaste conseguenze ne deriveranno. Prego Dio affinché, malgrado tutto, la ragione prevalga», ha affermato.
Ireneo ha ricevuto la solidarietà di gran parte degli altri primati ortodossi, compresi il patriarca di Mosca Cirillo e il patriarca ecumenico Bartolomeo. Cirillo a fine anno ha presieduto la sessione del sinodo della Chiesa ortodossa russa al termine del quale è stato diffuso un comunicato che definisce la legge «un duro colpo alla libertà di religione» e chiede alla comunità internazionale di «prevenire la violazione dei diritti delle comunità religiose in Montenegro».
Nella nota il sinodo russo affronta un’altra questione, non di secondaria importanza. Il presidente della Repubblica montenegrina, Milo Đukanović, ha espresso in più occasioni la volontà di appoggiare il riconoscimento dell’autocefalia della locale Chiesa ortodossa, non canonica, ricostituitasi nel 1993, a danno di quella serba, considerata straniera e ostile (le due comunità hanno vissuto il Natale divise, in un clima carico di tensione, mentre le manifestazioni proseguono sia in Montenegro sia in Serbia).
Cirillo, fraternamente legato al patriarca Ireneo, teme che possa innescarsi un meccanismo simile a quello che portò un anno fa alla concessione — da parte di Costantinopoli — del tomos alla Chiesa ortodossa ucraina guidata dal metropolita Epifanio. A sgombrare il campo da tale ipotesi ha pensato tuttavia lo stesso Bartolomeo, escludendo categoricamente la possibilità che la sedicente Chiesa ortodossa del Montenegro ottenga mai l’autocefalia, confermando su questo territorio la canonicità della storica giurisdizione dei serbi.
L’Osservatore Romano, 11-12 gennaio 2020