Insegnare la diversità

Rispondere alle domande dei ragazzi su cristiani, ebrei e musulmani: una bella sfida per gli insegnanti di religione (e non solo)

Dove vanno a finire quelli che non sono cristiani? Ma vanno all’inferno? Vanno in Paradiso? Come si salvano? È vero che il Corano è violento? Perché gli ebrei non credono che Gesù sia il Messia?

Queste e tante altre domande vengono spesso e volentieri messe dagli studenti sulla cattedra del professore di religione. E di certo le risposte e i temi che si vanno a toccare non sono banali.

E’ stato riflettendo su questa curiosità che i giovani manifestano a scuola che ho pensato che si potesse realizzare un’iniziativa di formazione per sostenere gli insegnanti di religione nell’insegnamento della diversità religiosa e culturale: tre incontri in cui i professori potessero incontrarsi e confrontarsi con dei docenti specializzati nel campo dell’Ebraismo, dell’Islam e della questione dei rifugiati, ascoltarli e porre loro domande. Il rabbino Jack Bemporad, direttore del John Paul II Center e professore di studi interreligiosi presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino, il professore Adnane Mokrani, teologo musulmano che insegna presso il PISAI e l’Università Gregoriana, e l’avvocato Andrea Pecoraro dell’UNHCR hanno trascorso ciascuno un pomeriggio con un gruppo di 40 insegnanti che non avrebbe voluto farli andare via. Ogni pomeriggio si è poi concluso con uno spazio “pratico” dedicato alle dinamiche che è possibile utilizzare per spingere i ragazzi ad interrogarsi sul tema della diversità e sperimentare l’incontro con l’altro.

A volte, la diversità di cui si parla è molto più vicina di quanto uno si aspetti. Una professoressa di religione racconta: «ci trovavamo una volta in classe a parlare proprio della diversità, di come nelle culture e nelle religioni vengono concepiti il rapporto uomo-donna e l’educazione dei figli. Il “caso” ha voluto che quel giorno fosse presente in aula un’alunna che non si avvale dell’ora di religione ma che quel giorno, avendo dimenticato a casa il libretto, non era potuta uscire e quindi era rimasta con noi durante la lezione. Si trattava di una ragazza di origine albanese ma nata a Roma. Proprio mentre io parlavo di queste differenze nel modo di educare i figli, è stata lei a prendere la parola e a raccontare ai suoi compagni una cosa (di cui forse loro non si erano mai accorti): pur essendo al terzo anno di liceo, non era mai andata di pomeriggio a studiare a casa di qualche amica e mai si era fermata a dormire a casa di una compagna di classe e questo perché nella tradizione culturale della sua famiglia non è bene che una ragazza dorma fuori casa e, anche se deve uscire, i genitori preferiscono che ci sia il fratello ad accompagnarla. Quando ha raccontato queste cose, inserendosi con molta naturalezza nella lezione che stavo facendo, gli altri alunni sono rimasti sbalorditi perché non si aspettavano che questa loro compagna, che era in classe con loro e che per loro era una di loro, avesse invece un background culturale diverso che influisse in maniera così rilevante in situazioni quotidiane e per loro “normali”.»

Al corso erano presenti anche alcuni insegnanti di altre materie fra cui Benedetta, professoressa di italiano, che ha deciso di partecipare al corso proprio per imparare di più riguardo ai temi trattati: «I ragazzi sono continuamente stimolati dai fatti di cronaca e spesso hanno domande, dubbi e curiosità a cui il docente deve rispondere e dare senso. E’ difficile per noi insegnanti, non avendo una conoscenza profonda delle altre religioni, riuscire a rispondere esaustivamente alle ansie che oggi alimentano il futuro dei nostri studenti e far capire loro che “fanatismo” e “religione” non sono sinonimi.» Benedetta termina con una riflessione sul ruolo dell’educatore: «Se vogliamo essere buoni educatori, dobbiamo partire proprio dalle mura delle nostre scuole sapendoci coniugare alle esigenze di una società in continuo cambiamento, dove le culture possono incontrarsi e dove una reale conoscenza dell’altro, della sua cultura e religione, è il primo punto di partenza per eliminare i pregiudizi e la paura.»

Il corso è stato realizzato grazie al sostegno del John Paul II Center for Interreligious Dialogue, con il patrocinio dell’Ufficio per la Pastorale Scolastica e l’Insegnamento della Religione Cattolica del Vicariato di Roma e con la partnership dei Salesiani del Sacro Cuore.

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