Incontro con i Giovani. Cattedrale di Santa Maria. Tre testimonianze: un giovane cattolico, un giovane budista e un giovane migrante

fonte. Sala Stampa Santa Sede

Testimonianza di Miki Kobayashi,
giovane cattolico
Sono molto onorato di avere la opportunità di parlare a nome della gioventù cattolica giapponese. Vorrei parlare in inglese direttamente con lei, ma allo stesso tempo vorrei che il pubblico ascoltasse. Quindi mi scuso, e parlerò in giapponese.
La società giapponese sottolinea la produttività, quindi ritengo che il Giappone sia un paese molto impegnato nel lavoro.
Sfortunatamente, in tale società, ci sono poche persone che pensano che sia prezioso prendersi del tempo per fare una pausa e riflettere su sé stessi e semplicemente pregare.
Tuttavia, penso che sia necessario nella vita moderna fare viaggi di andata e ritorno tra la vita quotidiana e un tempo di ritiro (meditazione/preghiera), tornare al Padre almeno per un po’, ogni fine settimana, e riflettere su ciò che è accaduto nella settimana passata, per pregare e quindi ottenere energia per vivere la nuova settimana.
Quando andavo a scuola nel Timor Este, gli studenti andavano a Messa ogni sera. Pregavano in silenzio e il loro canto si diffondeva in tutta la chiesa. Ho percepito la bellezza delle loro vite trascorse naturalmente con Dio. Questo viaggio circolare tra la vita quotidiana e il tempo di ritiro (meditazione/preghiera), arricchisce la vita. Possiamo trovare il tempo di pensare e agire in base a Dio anche se il mondo che ci circonda cambia così rapidamente.
In certi aspetti la società giapponese è ben sviluppata. Non dobbiamo temere per le nostre vite e molti sembrano poter vivere senza credere in qualcosa. In un simile ambiente, come possono i giovani incontrare Dio? C’è un posto dove possono avere questo incontro?
A causa della mancanza di tempo, i giovani potrebbero non vedere le innumerevoli stelle e perdere una gioiosa occasione per sperimentare la grandezza di Dio e la propria piccolezza e rendersi conto che Dio è con loro. Potrebbero non avere amici con cui parlare e approfondire la loro fede.
In Giappone solo una minoranza crede in Dio e i giovani potrebbero non essere in grado di scoprire il significato della fede se non vedendo altre persone che vivono grazie alla loro fede. È triste che non sia facile trovare i modelli o gli esempi di fede viva che i giovani cercano.
Penso anche agli operai della Kamagasaki di Osaka che vengono trattati come emarginati e privati dei servizi sociali. O al modo in cui i tirocinanti tecnici di paesi stranieri vengono spesso sfruttati e poi scartati. Penso che la Chiesa possa svolgere un ruolo in tali situazioni.
La regola di misura di Dio è diversa dagli standard della società e dai nostri valori. Dio si prende cura di tutti.
La Chiesa non si animerebbe se uscisse da sé stessa?
Penso, inoltre, che noi, quanti facciamo parte della Chiesa, dobbiamo vivere la nostra fede nella società.
Ho detto che il Giappone è un paese ricco, ma ci sono molti problemi da risolvere. La globalizzazione sta portando sempre più persone di diversa estrazione a vivere insieme.
Vorrei chiedere quale ruolo può svolgere la Chiesa e come i giovani possono trovare Dio nella società giapponese. Grazie!
Testimonianza di Masako Kudo,
giovane buddista
Grazie mille per avermi concesso oggi questa preziosa opportunità.
Insegno educazione sanitaria e fisica in una scuola media.
Quando ero un insegnante, per la giornata sportiva nella nostra scuola, insieme a 38 studenti, ho partecipato a una “gara di millepiedi” che consiste nel dover correre abbracciati e con un piede legato a quello del compagno. Attraverso questa esperienza, ho avuto la grande gioia di essere un tutt’uno con la squadra che lavora duramente insieme. Gli studenti ed io siamo cresciuti, ed io ero sempre più determinato ad essere un bravo insegnante.
Tuttavia, diventare insegnate non è stato facile. A quel tempo mi esercitavo nella recitazione del “sutra” del mattino e della sera (preghiera) che prima non ero in grado di fare. Grazie al supporto e all’incoraggiamento di altre persone, sono stato in grado di superare gli esami e alla fine sono diventato un insegnante.
In Giappone si succedono continuamente le notizie di bullismo e di suicidio, e gli studenti hanno problemi con i loro compagni e l’ansia verso gli insegnanti o la scuola. Inoltre, con la diffusione dei telefoni cellulari, computer, dispositivi di gioco e simili, trovano fastidioso dover comunicare o interagire con gli altri e quindi si chiudono in sé stessi.
Nella mia scuola ci sono studenti che si confrontano con gli altri e hanno sentimenti di inferiorità o di superiorità. Non sono contenti con se stessi e hanno una bassa autostima, ma allo stesso tempo, non riescono a riconoscere gli sforzi ed i risultati degli altri.
Quando parlo agli studenti con facce cupe, mi danno risposte del tipo: “ho litigato con i miei genitori, mi trattano come a un fastidio” o “i miei genitori mi confrontano con i miei fratelli”. Tendono a diventare aggressivi con i compagni che vanno bene a scuola, e dicono: “ha un cervello diverso per natura” e anche “lui fa la faccia carina per l’insegnante”.
Ho capito che l’atteggiamento di questi studenti era anche mio. Mi paragonavo con mio fratello maggiore o con i miei amici. Volevo essere migliore di chiunque altro e volevo essere stimato dagli altri.
Sono grato di poter capire i sentimenti dei miei studenti, ma allo stesso tempo, come insegnate, mi preoccupo di cosa posso fare per loro oltre ad ascoltarli. Per favore, mi dia un consiglio, Santità, su quali tipi di interazione possono aiutare questi studenti a prendere coscienza della loro bontà e del loro valore. 
Testimonianza di Leonardo Cachuela,
giovane migrante
I miei genitori sono filippini, ed io stesso sono nato nelle Filippine. Ci siamo trasferiti in Giappone quando ero in quarta elementare.
È stato molto difficile per noi vivere in un altro paese. Non sapevamo parlare la lingua e c’erano differenze nella cultura e nei costumi. Ma il problema che mi faceva soffrire di più era il bullismo.
Quando ero uno studente delle scuole elementari e medie, io ero vittima di bullismo da parte di un ragazzo della stessa classe. A bassa voce, ma sufficientemente alta per farsi sentire da me, lui mi diceva: “cattivo straniero”, “obeso”, “disgustoso”. Solo con lo scambio di sguardi mi sentivo deriso e non riuscivo più a sorridere. Ogni giorno sentivo solo di voler “sparire”.
Pensavo che gli altri sparlavano alle mie spalle, ed ero sempre più ansioso. Mi sembrava che la mia mera esistenza fosse negata.
Non ho mai subito violenza fisica, ma parole, sguardi, espressioni facciali o pressioni nascoste mi opprimevano. A scuola, passavo sempre molto tempo da solo, evitando gli altri. Non avevo molti amici durante il tempo libero e quando provavo a far parte di un gruppo, sentivo come se tutti cercassero di evitarmi. Questo si ripeteva ogni giorno e non mi piaceva andare a scuola. Ci sono state occasioni in cui non sono riuscito ad andare a scuola per una settimana. Ho vissuto molti momenti difficili ed ho anche pensato al suicidio.
Tuttavia sono stato tante volte salvato dalle persone della parrocchia e ascoltando la parola di Gesù.
C’erano volte in cui andavo in Chiesa la domenica e mi sentivo davvero a mio agio. Le parole gentili da parte dei sacerdoti, dagli animatori e dagli amici, insieme a quelle di Gesù, che nella Bibbia mi dice: “non avere paura, io sono con te. Non stupirti, io sono il tuo Dio. Ti rafforzerò, ti aiuterò e ti sosterrò nella mia vittoriosa mano destra”, mi hanno tutte incoraggiato.
Il bullismo è ora un grosso problema non solo in Giappone, ma anche in tante altre parti del mondo. Inoltre, i luoghi in cui si verifica il bullismo si stanno espandendo dalle scuole a internet. Ci sono tante persone che vogliono solo vivere felici, ma in realtà sopravvivono.
Per favore, mi dica, Santo Padre, come dovremmo affrontare i problemi della discriminazione e del bullismo che si stanno diffondendo in tutto il mondo?