Il Vangelo della XIX Domenica del Tempo ordinario (Matteo 14, 22-33)

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Gesù sceglie i suoi discepoli, in particolare coloro sui quali vuole contare come pastori, con un criterio che non è facile da capire. Dopo il grande miracolo della moltiplicazione dei pani, il Signore rimane a terra da solo, mentre i Dodici cominciano una difficile traversata del Mare di Galilea: «La barca distava già molte miglia da terra ed era agitata dalle onde: il vento infatti era contrario» (Mt 14, 24). E i discepoli si sentono soli e abbandonati, e cominciano già a dimenticare le grandi cose che hanno visto: sentono soltanto la minaccia delle onde e la lontananza di Gesù.

Le tempeste ci saranno sempre, la pace promessa da Gesù non è la calma piatta di una vita senza imprevisti. Non riuscirete — sembra dire il Signore — a dominare le contrarietà, le persecuzioni, i tanti tsunami che vi troverete ad affrontare personalmente e tutti insieme. Ma «sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare». Non vi insegno a calmare la tempesta ma a navigare nonostante la paura: anche se non avrete sotto controllo la situazione, sapete che non sarete mai soli. Vedendo Gesù che arriva camminando sul mare, i discepoli gridano «È un fantasma!». E il Maestro li rassicura: «Coraggio, sono io, non abbiate paura!». E Pietro vince la paura, scavalca il bordo della barca e appoggia un piede dopo l’altro sulla superficie del mare, accorgendosi con grande sorpresa di essere capace di camminare sopra le onde. La sua fede è tuttavia imperfetta, tant’è vero che dopo pochi passi comincia a dubitare e ad affondare. Ma il primo degli Apostoli non viene scelto perché è solido e imperturbabile e neppure perché la sua fiducia nel Maestro, che pure è autentica e generosa, sia perfetta.

Ci vengono in aiuto alcune parole di Chesterton: per porre le basi della sua Chiesa «Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un imbroglione, uno snob, un codardo: in una parola, un uomo». Gli imperi umani, costruiti sul mito del Superuomo, sono crollati per «l’intrinseca e costante debolezza di essere fondati da uomini forti su uomini forti. Ma quest’unica realtà, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole».

Di solito applichiamo gli insegnamenti di questo episodio soprattutto alle persone che hanno compiti di governo nella Chiesa. Può tuttavia rivelarsi illuminante pensare anche ai genitori, scelti dal Signore per governare, nei limiti del possibile, la chiesa domestica che è ogni famiglia. Non temere, dice Gesù a ogni madre e a ogni padre, se non controlli la situazione: la salute del suocero, i risultati scolastici della figlia, il dialogo con quel ramo della famiglia con il quale c’è una grande tensione… E non temete se i vostri figli si accorgono delle vostre imperfezioni e debolezze, anche Pietro ne aveva e Dio Padre ha scelto lui e voi per affidarvi le sue pecore, che sono proprio quelle creature che avete in casa. Soltanto vi chiedo di non dubitare del mio amore per voi e di andare avanti insieme, anche quando tutto sembra incerto e poco affidabile, anche quando vi chiedo di camminare sulle acque… «Su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16, 18). Non su un monolite perfetto e senza crepe ma proprio su di voi, così come siete e come vi ho chiamato: voglio costruire la mia Chiesa domestica sul vostro amore coniugale che si rinnova giorno dopo giorno.

«La famiglia — insegna Papa Francesco — è più di ogni altro il luogo in cui, vivendo insieme nella quotidianità, si sperimentano i limiti propri e altrui, i piccoli e grandi problemi della coesistenza, dell’andare d’accordo. Non esiste la famiglia perfetta, ma non bisogna avere paura dell’imperfezione, della fragilità». Non bisogna avere paura di camminare sulle acque della vita quotidiana familiare.

di Carlo De Marchi / Osservatore Romano