Il Santo del giorno 29 Settembre: Michele, Gabriele e Raffaele

L’immagine dell’angelo custode, che accompagna il bambino nello scabro sentiero della vita e lo aiuta a non farsi male, è una di quelle che ci accompagna fin dall’infanzia e che custodiamo nel cuore. Ci basta, per esserne sicuri, quel che ci ha detto Gesù parlando appunto dei piccoli: «I loro angeli contemplano sempre il Volto di Dio», ed è contemplando Dio che li custodiscono nel modo migliore. L’idea di tre «angeli più importanti» (arcangeli) è facilmente comprensibile se, al posto di un singolo bambino, mettiamo l’intera umanità bisognosa di protezione. Contempliamo così l’arcangelo Michele che protegge l’umanità dal Maligno e che sempre ci richiama all’adorazione dell’unico Signore con quel suo grido così fiero e decisivo: «Chi è come Dio?». L’arcangelo Gabriele è invece il Messaggero delle Grandi Comunicazioni Divine: innumerevoli «Annunciazioni» ce lo hanno reso familiare, accanto a Maria o a Giuseppe, sempre per ricordarci che la Storia ha ormai un «centro» che dobbiamo cercare là dove abita Gesù stesso, divenuto cuore del mondo. L’arcangelo Raffaele è quello più familiare (quello che conduce, custodisce e guarisce, come ha fatto col giovane Tobia, e aiuta soprattutto i giovani a realizzare la propria vocazione). Si può quasi dire che egli è l’angelo custode dei giovani: di tutti i ragazzi giunti all’età di dover dare alla propria vita un sicuro orientamento. Ognuno dei tre è poi venerato come protettore di particolari categorie: San Michele lo è di tutti coloro che debbono combattere; san Raffaele lo è di tutti coloro che devono portare messaggi; san Raffaele lo è di tutti coloro che devono prestare soccorso e guida.
Altri Santi. Ciriaco, eremita (VI sec.); Renato Goupil, martire (1608-1642).
Letture. «Esultate, o cieli, e voi che abitate in essi» (Dn 7,9-10,13-14 oppure Ap 12,7-12a); «A te voglio cantare» (Sal 137); «Vedrai gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo» (Gv 1,47-51).
Ambrosiano. Apocalisse 11,19-12,12; Salmo 137; Colossesi 1,13-20; Giovanni 1,47-51.

avvenire.it