Il sacramento della penitenza e il compito di una comprensione sistematica

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Nel dibattito intorno alla penitenza al quale ho partecipato rispondendo a L. Orsy e a A. Marchetto (cfr. post precedenti), è emersa la questione della “comprensione sistematica” del sacramento. A tal proposito propongo parte della Introduzione al libro “Fare penitenza”, (Cittadella 2019) scritto insieme a Daniela Conti, nel quale viene messo a fuoco il punto sistematico e pastorale della posizione del sacramento della confessione in rapporto alla iniziazione cristiana. Si tratta di un punto decisivo per comprenderlo e per celebrarlo correttamente.

Introduzione

«è opera di Cristo liberare gli uomini dalla corruzione del peccato, ma impedire di ricadere nel precedente stato di miseria spetta alla sollecitudine e agli sforzi degli apostoli»

                                                                         S. Giovanni Crisostomo

Uno dei compiti più urgenti della Chiesa cattolica, nell’ambito del rinnovamento impostato dal Concilio Vaticano II, consiste nel recuperare un’equilibrata esperienza del “fare penitenza”. Questa esigenza, però, si manifesta in modo tutt’altro che evidente. Tale difficoltà, ossia la inevidenza di questa istanza, dipende da un fenomeno assai complesso e molto delicato da trattare: ossia dalgraduale assorbimento di tutta la esperienza penitenziale da parte del “sacramento della penitenza”. Ciò che è accaduto, in una storia che si estende per almeno 8 secoli, può essere brevemente descritto in questo modo: lo strutturarsi ecclesiale, sempre più definito, di un “sacramento del perdono”, almeno a partire dal Concilio Lateranense IV (1215), ha progressivamente esteso la propria autorità, fino a coprire l’intera area del “fare penitenza” ecclesiale, per arrivare ad identificare, almeno negli ultimi tre secoli, la “penitenza della Chiesa” con la “assoluzione sacramentale”. Al punto che oggi la parola “penitenza” rischia di identificarsi, sic et simpliciter, con il sacramento. E per di più con un sacramento che non ha più la penitenza!

Tale questione, tuttavia, ha potuto emergere in tutta la sua urgenza soltanto come “effetto indiretto” di una grande riscoperta, che non riguarda direttamente la penitenza, ma il più vasto ambito della “iniziazione cristiana”. Con ciò intendiamo dire che il recupero della iniziazione cristiana – ossia della sequenza battesimo-cresima-eucaristia nella loro unità – come fondamentale sacramento della riconciliazione, ha condotto la riflessione ecclesiale a interrogarsi in modo nuovo sul “quarto sacramento”, recuperandone, nello stesso tempo, la “esteriorità” rispetto alla iniziazione e la funzione di “servizio” rispetto ad essa. In altri termini, solo quando si è potuto adeguatamente riscoprire che il IV sacramento non fa parte della iniziazione cristiana, si è potuto mettere a tema, come suo centro, la sua funzione di “servizio” ad altro da sé.

Ciò impone in modo nuovo una elaborazione della “ragione sistematica del sacramento” che difficilmente potrebbe essere svolta senza questo rinnovato contesto pastorale ed ecclesiale di riferimento.

Il disegno di questo testo è, dunque, in primo luogo, il recupero della ragione sistematica del IV sacramento.

Con essa si intende una giustificazione della funzione e della struttura di un sacramento “diverso dalla iniziazione cristiana”, ma la cui funzione è non “per sé”, ma “per altro”, ossia in vista di un recupero e di una guarigione della relazione di comunione che la iniziazione cristiana inaugura con le soglie battesimali e crismali ed elabora nella continuità di preghiera e di rito della celebrazione eucaristica. Con una espressione assai acuta Tommaso d’Aquino dice che la penitenza interviene “non per se, sed quasi per accidens, scilicet in remedium supervenientis defectus” (S. Th, III, 65, 3, c).

La riscoperta di questa “ragione sistematica” risulta tanto urgente quanto difficile1. Ciò è dovuto una sorta di “oblio” che ha progressivamente cancellato i due “cardini” di questa espressione di Tommaso, e cioè:

– da un lato il primato della iniziazione cristiana, di cui fa parte il “fare penitenza”, ma non il “sacramento della penitenza”.

– dall’altro la distinzione classica, secondo cui il “rimedio al peccato grave” è la ragione sistematica del IV sacramento.

Per questo, come vedremo, da un lato occorre rielaborare la seconda distinzione, ossia quella tra peccati mortali e peccati veniali; ma dall’altro è necessario riscoprire una distinzione classica, che oggi non fa parte del glossario ecclesiale e che deve essere riscoperta, anche se con un necessario processo di traduzione: vogliamo qui alludere alla distinzione scolastica tra “penitenza come virtù” e “penitenza come sacramento”. La perdita di questa distinzione, che salvaguarda una esperienza battesimale ed eucaristica di penitenza che rimane originaria, costituisce il presupposto di quel fenomeno che abbiamo definito “assorbimento” di tutta la penitenza nel sacramento. Ciò a detrimento non tanto della “virtù”, quanto della centralità della iniziazione cristiana.

Ma, come abbiamo detto, l’emergere della “questione sistematica” è dovuto al nuovo ruolo acquisito dalla “iniziazione cristiana” lungo il corso dell’ultimo secolo. Per questo è necessario occuparsi di una analisi più dettagliata di questo sviluppo, soprattutto in relazione alla iniziazione dei bambini e dei preadolescenti. A ciò sarà dedicata una seconda parte del volume, nella quale proponiamo un riscontro di questa “ragione sistematica” con la pratica pastorale, in particolar modo in relazione all’impatto che la “prima confessione” ha avuto, nell’ultimo secolo, sulla azione pastorale di iniziazione cristiana.

Prenderemo spunto dall’osservazione delle difficoltà pastorali legate alle pratiche di iniziazione cristiana, in particolare alla prassi di collocare la “prima confessione” prima della “prima comunione”, con tutta una serie di rilevanti implicazioni, tre in particolare: la confessione compresa come condizione previa per fare la comunione; il dibattito teologico che ha accompagnato la pastorale; la fatica dei preadolescenti nel vivere il sacramento della confessione. Le fatiche dei preadolescenti sono il punto prospettico di osservazione che orienta questa seconda parte.

Per riflettere su questa problematica e proporre dei percorsi di iniziazione che cerchino di affrontarla, riteniamo fondamentale studiare la questione della corretta collocazione del sacramento della confessione e del suo delicato rapporto con l’iniziazione cristiana. È necessario infatti maturare la coscienza che, se da un lato il sacramento della confessione non fa parte dei sacramenti dell’iniziazione, dall’altro il “fare penitenza” svolge un ruolo importante nell’iniziare il soggetto all’identità cristiana.

Tale distinzione è particolarmente urgente nel caso dei fanciulli e preadolescenti, a causa delle peculiarità della loro età e condizione ecclesiale; in quanto soggetti in crescita, infatti, debbono essere considerati nelle loro caratteristiche personali, psicologiche e relazionali; e, in quanto soggetti dentro un percorso di iniziazione, richiedono di essere educati a “fare penitenza”, in modo articolato, per essere in grado di accedere in maniera autentica e piena al “sacramento della confessione”.

Il volume si divide pertanto in due parti: nella prima parte vorremmo cercare di recuperare questa esperienza complessa del “fare penitenza” nella Chiesa e procederemo nel modo seguente: inizialmente vorremmo presentare il quadro complessivo dei termini e delle questioni che riguardano il IV sacramento: da un lato esaminando i termini fondamentali che descrivono il IV sacramento (§.1), dall’altro mettendo in luce le questioni sistematiche fondamentali che ne definiscono la necessità e la struttura in rapporto alla iniziazione cristiana (§.2) per poi soffermarci su singole questioni rilevanti riguardo al rapporto tra virtù e sacramento (§.3) e del dialogo con la cultura e con le tradizioni non cattoliche (§.4). Nella seconda parte, ad un primo capitolo (§ 5) di carattere storico, in cui prenderemo in esame alcuni documenti ecclesiali dell’ultimo secolo, principalmente del Magistero, faremo seguire un secondo capitolo (§.6), di carattere teologico, in cui interrogheremo alcuni autori sul rapporto tra sacramento della penitenza e sacramenti di iniziazione cristiana, cercando di evidenziare come tale rapporto venga compreso e motivato in modi differenti a seconda delle esigenze pastorali e delle priorità teologiche. Infine, il terzo capitolo (§.7), di carattere pastorale, sarà finalizzato ad abbozzare alcune piste di sviluppo per la prassi: si inquadreranno poi i tratti caratteristici della preadolescenza, con una particolare attenzione all’aspetto religioso, si presenteranno i risultati di un questionario somministrato ad un campione di preadolescenti, interpellati sul loro rapporto con la confessione; seguirà un tentativo di interpretazione dei risultati, che sia atto di ascolto autentico dei vissuti preadolescenziali.

Infine, nel cercare di offrire alcuni spunti e suggerimenti per la pratica, si riconoscerà appieno che un ascolto del vissuto dei preadolescenti può offrire indicazioni importanti per il rinnovamento della prassi e della teologia della confessione ad ogni età, così come una teologia e una pastorale rinnovate possono liberarsi da modalità formalistiche e standardizzate del sacramento, di cui i preadolescenti si sono mostrati osservatori acuti e anche vittime silenziose. In appendice si darà conto nel dettaglio dei risultati del questionario.

 

1 Essa non riguarda soltanto il IV, ma anche il V sacramento. Infatti l’introduzione della categoria di “iniziazione cristiana” per la comprensione dei sacramenti del battesimo/cresima/eucaristia era destinata, fin dal principio, a modificare profondamente l’intero quadro della teologia sacramentale cristiana, nonché le consuetudini secolari della stessa prassi celebrativa ecclesiale. Nella categoria di “guarigione” troviamo quel concetto che – riconducendo il IV e V sacramento all’orizzonte della iniziazione cristiana – può recuperarne la profondità storica, liturgica e sistematica, e rileggerne tutta la ricchezza di teologia e di prassi pastorale. In questa ottica di fondo, al compito di chiarificare la vocazione “terapeutica” del sacramento della penitenza, potrebbe seguire il compito di restituire al sacramento della unctio infirmorum tutta la sua differenza rispetto al IV sacramento, identificando meglio il suo “luogo teologico” all’interno della “crisi” della identità cristiana, dovuta qui a malattia prima che a colpa. L’ambizione verso una ricomprensione della “guarigione cristiana” nella sua articolazione più autentica passa necessariamente per la riacquisizione del valore della dimensione simbolico-rituale: mediante essa si accede al superamento della crisi di identità cristiana, distinguendo accuratamente la crisi dovuta a colpa – cui corrisponde la penitenza – da quella “senza colpa” – alla quale si riferisce l’unzione dei malati. Per lo svolgimento di questo ulteriore capitolo, che qui non posso sviluppare, mi limito a rimandare a A. Grillo – E. Sapori (edd.), CELEBRARE IL SACRAMENTO DELL’UNZIONE DEGLI INFERMI, Atti della XXXI Settimana di Studio, Valdragone (San Marino), 24 – 29 agosto 2003, Roma, CLV-Ed. Liturgiche, 2005.