Il ruolo del sacerdozio nella Bibbia

Sintesi della Settimana Biblica in Sardegna


ROMA, giovedì, 15 luglio 2010 (ZENIT.org).- Con cinque intense giornate di lettura, analisi e meditazione sui testi della Bibbia, si è svolta dal 5 al 9 luglio la Settimana Biblica presso il Monastero di San Pietro di Sorres, in Sardegna, sul tema “Sacerdozio e culto nella Bibbia”, a coronamento dell’Anno Sacerdotale conclusosi a giugno.

Gli interventi dell’evento, al quale hanno partecipato 110 persone, sono stati affidati a monsignor Gianantonio Borgonovo e a monsignor Rinaldo Fabris, che hanno affrontato rispettivamente l’Antico e il Nuovo Testamento.

L’indagine sul tema “Sacerdozio e culto” nell’Antico Testamento, ricorda monsignor Borgonovo in una sintesi dei suoi interventi, ha preso le mosse da una panoramica storica, illustrando il concetto di regalità e di sacerdozio nelle culture dell’Antico Vicino Oriente, per poi soffermarsi sul momento decisivo del deuteronomismo (520-515 a.C.), quando sono state messe per iscritto le leggi costituenti dell’Israele della fede che si riconosceva come tale attorno all’unico tempio di Gerusalemme e all’unico Dio Jhwh.

Ci si è poi mossi “a cercare il rapporto del sacerdozio con la tôrâ di Jhwh che andava ormai prendendo forma e corpo nei cinque libri che ancora oggi formano il Pentateuco della Bibbia Ebraica”: “partendo dal rapporto importante del sacerdozio con l’apparato sacrificale del tempio e dal suo significato, si è passati ad analizzare la mediazione sacerdotale per il riconoscimento della purità/impurità (kašrût), in campo alimentare e relazionale in genere, e la responsabilità del sacerdozio nel determinare ciò che è gradito ad Jhwh”.

Si è quindi approdati al tempo del Medio Giudaismo (200 a.C. – 70 d.C.) per mostrare come la mediazione sacerdotale si sia determinata in modo diverso nelle “vie” che hanno caratterizzato i diversi “giudaismi” operanti anche nel periodo in cui è vissuto Gesù e ha mosso i primi passi la Chiesa cristiana: i sadducei, i farisei, i samaritani, gli esseni.

“Soltanto tenendo presente questa molteplicità è possibile capire la forte dialettica tra il sacerdozio di Gerusalemme e la nuova realtà rappresentata dal movimento gesuanico e dalle prime comunità cristiane, che nel Signore Gesù, crocifisso e risorto, hanno riconosciuto non solo il Messia e il Figlio dell’Uomo glorificato, ma anche il compimento dell’unico ed eterno sacerdozio”, ha osservato monsignor Borgonovo.

Monsignor Fabris, dal canto suo, ha compiuto una sintesi delle sue relazioni sul Nuovo Testamento ricordando che gli interventi ad esso dedicati hanno preso avvio dalle parole di Gesù alla donna di Samaria che, nel dialogo presso di pozzo di Giacobbe, gli chiede qual è il luogo del culto legittimo, se il tempio sul monte Garizìm oppure quello di Gerusalemme.

“Gesù le risponde che Dio è Spirito e i veri adoratori adoreranno il Padre in ‘Spirito e verità’, cioè in quel dinamismo interiore, dono di Dio, che li mette in comunione profonda e vitale con Lui”.

“Gesù, con la sua parola, che è la verità, svelamento del volto invisibile del Padre, rende possibile l’incontro definitivo con Dio. Egli stesso, il Figlio che affronta la morte come atto estremo di amore filiale, è il ‘tempio’ distrutto dal potere umano con la morte di croce, ma che Dio ha fatto risorgere in tre giorni”.

“In quanto Figlio di Dio, Gesù può esercitare la mediazione sacerdotale presso Dio a pieno titolo, in modo efficace. Nello stesso tempo, in quanto uomo, solidale con la condizione umana fino alla forma estrema della morte, Gesù Cristo, a nome dei suoi fratelli, è in grado di intercedere a loro favore presso Dio e di assisterli nella prova”.

“Affrontando la morte come atto di radicale obbedienza filiale, Gesù non solo ha liberato una volta per sempre i suoi fratelli dalla paura della morte, ma ha inaugurato nella sua umanità la via vivente per incontrare Dio”.

Sul modello di Gesù Cristo, re (messia) e sacerdote (consacrato a Dio per mezzo dell’amore), tutti i cristiani “sono costituiti, mediante la fede battesimale, ‘re e sacerdoti’”.

“Questo statuto ‘sacerdotale’ di tutti i cristiani – ha concluso monsignor Fabris – non esclude, anzi richiede il ministero o sacerdozio che si fonda sul sacramento dell’ordine sacro, perché solo mediante la parola, proclamata in nome e con l’autorità di Gesù Cristo si fonda e cresce la Chiesa suo corpo”.