Il ritorno del catecumenato

Si chiamano “Orientamenti” proprio a ragione: perché vogliono «essere un aiuto per orientarsi in una situazione nuova: cosa si deve fare, a chi ci si deve rivolgere, quali testi si possono utilizzare» quando arriva in parrocchia un adulto che chiede di essere battezzato. Gli “Orientamenti per l’iniziazione cristiana degli adulti” del nostro Patriarcato, in vigore ad experimentum per tre anni, saranno consegnati ai sacerdoti in occasione della Messa del Crisma del Giovedì Santo, in Cattedrale; e verranno successivamente inviati in tutte le parrocchie. Il Servizio per il Catecumenato. Contestualmente viene istituito il relativo Servizio diocesano per il Catecumenato, guidato da mons. Valter Perini in quanto responsabile dell’Ufficio per l’Evengelizzazione e la Catechesi, del quale fanno parte mons. Orlando Barbaro, don Danilo Barlese, p. Roberto Benvenuto, don Renato Mazzuia, don Fabio Mattiuzzi, che coinvolgeranno nel tempo altri direttori di uffici e laici. Il Servizio «intende offrire criteri oggettivi e strumenti appropriati per questa nuova necessità dell’imprescindibile compito di evangelizzazione che resta insostituibile», scrive il Patriarca nella prefazione. «Auspico che sia recepito e vissuto come un prezioso servizio all’unità della nostra amata Chiesa veneziana anche a beneficio della missione, delicata ma unica, che la nostra città ha di fronte al mondo». La gioia della Chiesa. La nota comincia con il dare indicazioni sul primo incontro con le persone che avanzano la richiesta del battesimo, che deve essere «accogliente e cordiale», visto che «chi chiede di diventare cristiano non deve essere trattato come un “problema” o una fatica in più, ma deve poter riconoscere la gioia della Chiesa per una decisione che – quando è autentica – è opera dello Spirito Santo». Parroco e catechisti sono chiamati prima di tutto a discernere le motivazioni della richiesta, eventualmente purificandole e approfondendole; cogliere eventuali impedimenti, visto che «gli stili di vita o le “professioni” immorali non sono compatibili con il battesimo come pure certe situazioni matrimoniali o di convivenza more uxorio»; chiarire le idee sul cammino che porterà al battesimo, che richiederà circa due anni (salvo un permesso del Patriarca) di costante impegno. «La lunghezza del catecumenato è resa necessaria dal fatto che oggi non è facile essere cristiani: senza una autentica esperienza comunitaria di vita cristiana la fede rischia di non reggere all’impatto con un mondo non sempre in sintonia con i valori propugnati dal cristianesimo». Ammissione al catecumenato. Il primo passo sarà quindi l’ammissione al catecumenato, con la quale «la Chiesa si prende cura di introdurre e accompagnare queste persone all’incontro personale con Cristo all’interno di una gioiosa e profonda esperienza di vita comunitaria». Si spiega che «la consegna dei vangeli che avviene durante il rito esprime la sostanza di quel che sarà il cammino catechistico successivo: non solo conoscere una dottrina e una morale, ma conoscere, amare e seguire Gesù Cristo vivo e presente nella sua Chiesa». Esperienza di vita comunitaria. Nel tempo di preparazione il catecumeno «non deve solo ascoltare, ma anche parlare, farsi conoscere, in modo che chi lo accompagna possa aiutarlo ad approfondire il proprio rapporto con Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, l’appartenenza alla Chiesa e le scelte morali. Deve essere molto forte soprattutto l’esperienza della vita della comunità. (…) E’ fondamentale e auspicabile che i catecumeni siano inseriti in un gruppo, un’associazione o un movimento in cui poi continuare a vivere la loro appartenenza ecclesiale anche dopo aver ricevuto i sacramenti». Il miglior sussidio da utilizzare? Il libro dei quattro vangeli. Solo dopo è bene passare ai catechismi. I riti. In ossequio al Rica (Riti per l’iniziazione cristiana degli adulti) si ricorda che i catecumeni non partecipano a tutta la liturgia eucaristica, ma vengono dimessi dopo la liturgia della parola; e si raccomanda di compiere con loro i riti previsti (unzioni ed esorcismi). Dopo circa un anno, all’inizio della quaresima, si celebra l’«iscrizione del nome», o elezione: comincia da allora il tempo della preparazione immediata, più intensa; e agli iniziali “garanti” succedono i “padrini”. Comincia allora il “tempo della purificazione e dell’illuminazione”, che si compie con gli scrutini e le consegne del Credo e del Padre Nostro, come prevede appunto il Rica. La data più opportuna per la celebrazione dell’iniziazione cristiana, che spetta al Patriarca (salvo autorizzazione a un delegato o al parroco), è la Veglia pasquale. Mistagogia. Il passo successivo sarà la “mistagogia”: «La formazione dei neofiti – proseguono gli Orientamenti – non termina con il battesimo, ma prosegue ancora per qualche tempo per renderli più consapevoli della grazia ricevuta nei sacramenti dell’iniziazione, per confermarli in uno stile di vita cristiano, per aiutarli a inserirsi nella vita della parrocchia e per educarli ad accostarsi al sacramento della riconciliazione». Chi viene da altre religioni. Per chi proviene da altre confessioni cristiane o religioni, non essendoci particolari vantaggi materiali dall’appartenere alla Chiesa cattolica, «non si deve essere eccessivamente diffidenti o scoraggiare chi chiede il battesimo – spiegano gli Orientamenti – ma comprendere e verificare accuratamente le motivazioni per farle eventualmente approfondire durante il pre-catecumenato e il catecumenato (…). Per chi appartiene all’Islam la conversione al cristianesimo è un passo molto difficile e potenzialmente pericoloso, perciò si dovranno adottare le cautele necessarie per proteggere i catecumeni». Una scheda, infine, spiega come comportarsi nei casi in cui un catecumeno sia già sposato civilmente o venga da precedenti matrimoni sciolti da divorzio. Questi orientamenti, frutto dell’adeguamento alla realtà veneziana di un corrispondente documento della diocesi di Padova, rimarranno in vigore ad experimentum per tre anni; seguirà, spiega mons. Perini, una nuova edizione frutto della sperimentazione diocesana.

Paolo Fusco Tratto da GENTE VENETA, n.12/2010