Il poeta è noi

«Il poeta è rappresentativo. Egli ci ricorda continuamente l’uomo completo in mezzo a uomini incompleti, e ci fa conoscere non la sua ricchezza ma quella nostra, comune. I giovani venerano, spesso senza saperlo, il poeta, perché essi sono molto più pieni di lui di quanto egli stesso non sia. Essi ricevono l’anima che anch’egli riceve, ma essi ne ricevono di più».
Ralph Waldo Emerson è una figura centrale nella letteratura americana, e il suo pensiero, espresso in forma di oratoria poetica, raggiunge vertici di conoscenza e visione. Qui sta indicando l’essenza della figura del poeta, non per quanto riguarda la sua virtù, il suo dono di artefice, innegabili fin dalla nascita della poesia con il mitico Orfeo, ma la sua necessità per gli umani, per quelli
che non sono poeti. Poiché il poeta non rappresenta se stesso ma loro, l’inconscio collettivo potremmo dire, in termini moderni, ma è poco: anche il conscio inespresso, la nostra memoria. Il poeta, scrive in una famosa lettera uno dei più grandi, John Keats, è l’essere meno poetico del creato: deve essere voce di tutto il resto. Chi lo ascolta e legge si riempie della sua visione, della sua poesia, più di quanto al poeta stesso, che è creatore ma anche tramite, sia consentito.

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